Era l’8 marzo del 1993 quando Bartolomeo Zanenga moriva, a 71 anni, all’ospedale di Belluno. Aveva vissuto un’esistenza intensa tra cultura, insegnamento, giornalismo e passione politica. Soprattutto come uomo di cultura è stato ricordato nel 2010 in un convegno organizzato dall’Associazione ex allievi del Tiziano sul tema “La cultura bellunese nel Novecento”. Aveva la bellunesità nel sangue e per tutta la vita si è dedicato allo studio degli autori, grandi e meno eccelsi, che la avevano elogiata. In essi cercava la radice del popolo, l’interesse per la vita degli strati sociali più umili. In questo coerentemente con il suo credo politico.
Studiò dapprima il poeta Bartolomeo Cavassico (secc. XV-XVI) e il coevo, ma ben più noto, Pierio Valeriano umanista di valore anche nel panorama italiano. Fu Zanenga a valorizzare la musa dialettale dei settecenteschi Valerio Da Pos e Barba Sep dal Piai (il Coraulo) autore di una “Gerosalem liberada”. Scrisse saggi anche Ottavio Persicini, Camillo Boito, Alberto Alpago Novello, Giampietro Talamini, Giovanni Fabbiani, Giovanni Angelini, Giuseppe Biasuz, Aristide Gabelli, Ferdinando Tamis, Gino Rocca noto commediografo e direttore del Gazzettino legato al mondo feltrino, e ancora il pittore Ippolito Caffi, per finire con l’intervento su Pierina Boranga a cent’anni dalla morte e, nel 1992, la relazione su Girolamo Segato nel convegno su questo originale personaggio. Si occupò anche delle “Cronache bellunesi” di Maresio Bazolle, del lavoro degli zattieri. Si può dire che non ci sia stato angolo di quella bellunesità di cui era innamorato che non abbia scandagliato. Lo dimostrano le 371 recensioni stilate per il suo amato “Archivio storico di Belluno, Feltre e Cadore” di cui fu oltre che collaboratore vicedirettore dal 1972 al 1983 e da quell’anno direttore fino al 1993. Tra i non molti riconoscimenti che gli furono tributati andava orgoglioso di essere stato eletto socio della Deputazione di Storia Patria delle Venezie. Sempre in campo culturale è doveroso ricordare che fu anche editore, pur se di due sole opere entrambe bellunesi del Coraulo e del Valeriano, con l’insegna “Casteldardo”.
Giornalista fin dal 1942 elaborò nove articoli per il periodico “Dolomiti. Settimanale del fascismo bellunese”, rivista su cui, sotto la testata “Dolomiti,/Dolomiten/Dolomites” e con lo pseudonimo di Romano Dalla Valle, continuò a scrivere concluso il conflitto che lo vide combattente nel reparto paracadutisti. Al giornalismo rimase sempre fedele, lavorando nel 1956 come capo dell’ufficio stampa delle olimpiadi del 1956 e successivamente corrispondente del Gazzettino di Belluno e, in seguito, della Gazzetta delle Dolomiti. È stato anche vicedirettore del noto periodico “Il Candido” di Giorgio Pisanò.
Lavorò come apprezzato e rispettato docente alle superiori della sua città. Altro settore che ha attirato la sua attenzione, anche questo in relazione alla cultura popolare, fu la gastronomia con alcuni lavori di sapore popolare come “Elogio della polenta”, “Połenta e tocio” e “S’cius co la capa”. Raccolse, inoltre, i proverbi e detti popolari nel dialetto bellunese.
Fu politicamente attivo, fino alla morte, come consigliere comunale nelle file del Msi.
Ricordandolo e commemorando la sua onestà e rettitudine Giorgio Maggioni ha scritto che Zanenga è un punto di riferimento per ogni indagine e ricerca. Che a tre decenni dalla sua scomparsa lo si commemori è un chiaro segno dell’impronta che ha lasciato in vari settori della società bellunese.
Sante Rossetto