La recente querelle tra Deon (Uapi) e Cappellaro (Confindustria Dolomiti) mi fa comprendere come mai il presidente degli industriali (al quale non ho risparmiato critiche in altre occasioni) giustamente non abbia partecipato al convegno a Villa Carpenada.
Chi ha partecipato, come il sottoscritto, alla due giorni di dibattito sulla montagna ha infatti avvertito nettamente quale fosse il sentimento dominante verso le autonomie a noi vicine. Esemplarmente espresso dall’intervento del vice presidente della Regione Veneto Zorzato che ha affermato che siamo tenuti sotto scacco dall’Italia che mantiene le autonomie che ci fanno concorrenza; si aspetta inoltre che la riforma Delrio faccia giustizia su queste differenze. Poi, testualmente ”I fiori sui poggiolo li vorremmo tutti,.. invece dobbiamo sopportare il gioco del pesce in barile tra Terna ed Enel”.
Solo pochi giorni prima Cappellaro aveva espresso parole di appoggio al nuovo governatore sudtirolese Arno Kompatscher, oggetto di un attacco vigliacco di Bruno Vespa e dei suoi ospiti a “Porta a Porta”. Come avrebbe potuto prendere parte ad un incontro dove si indicava nelle autonomie la principale causa dei mali italiani?
Anche la mancanza al convegno di rappresentanti di Trento e Bolzano trova così una sua logica spiegazione.
In entrambe le occasioni è stata giocata la carta del “tanto peggio, tanto meglio”, del livellamento verso il basso di tutti piuttosto che la ricerca del proprio miglioramento.
E’ stata reclamata la propria autonomia a scapito di quella altrui. Bella coerenza! Non è in quel modo che si propugnano le proprie giuste aspirazioni, espresse inizialmente dal Presidente Deon.
Ma in realtà è un mezzo per trovare un capro espiatorio dei propri errori e manchevolezze. Politici ed imprenditori, prima di attaccare chi dimostra coi fatti che l’Autonomia (con la A maiuscola) porta ad ottimi risultati, dovrebbero fare un esame di coscienza sulle proprie responsabilità.
Tomaso Pettazzi