Al 31 dicembre 2013 le imprese attive della provincia di Belluno hanno registrato un calo percentuale dell’1,6, evidenziando un netto peggioramento sul 2012, quando il decremento si era attestato sul –0,8%. In termini numerici il totale delle imprese attive ha toccato le 14.859 unità, 236 in meno in un anno. Più nel dettaglio, le iscrizioni sono state 924, a fronte di 1.157 cancellazioni (1.118 se considerate al netto di quelle d’ufficio, cioè quelle attuate direttamente dal Registro delle Imprese per le ditte individuali e le società di persone non più operative ma ancora iscritte). Nel 2012 l’andamento era stato più favorevole con maggiori iscrizioni (967) e minori cessazioni (1.041).
Con riferimento ai singoli settori, hanno chiuso in attivo sia le attività finanziarie e assicurative, con una variazione delle imprese attive di 17 unità (+5,8%), sia le attività immobiliari (25 unità in più pari a un aumento del 4,5%). Il bilancio è stato invece fortemente negativo per l’agricoltura (‑3,5% sul 2012) e per le attività manifatturiere, il punto di forza dell’imprenditoria locale (-2,6%). All’interno del manifatturiero hanno sofferto un po’ tutti i settori, tranne le industrie alimentari, che hanno acquisito 3 unità, il tessile e la chimica (+1), la fabbricazione di mobili e le altre industrie manifatturiere (+2) e quella della riparazione, manutenzione e installazione di macchine (+3). Le perdite più consistenti si sono avute nelle imprese per la fabbricazione dei prodotti in metallo (-13 unità), nell’industria del legno (-9 unità) e nel comparto dei macchinari (6 cancellazioni e nessuna iscrizione).
Assai sensibile è risultato il decremento delle costruzioni (scese di 93 unità, -3,5%), mentre il commercio ha perso l’1% e i trasporti si sono fermati a ‑0,8%.
Analizzando i dati comunali si scopre che alcuni tra i maggiori poli produttivi della provincia arrancano (in primis Feltre, Longarone, Ponte e Agordo), mentre hanno maturato un saldo lievemente positivo realtà come Sospirolo, Arsiè (+7 al netto delle cessazioni di ufficio) e Puos d’Alpago (+4).
Le imprese attive artigiane, che a fine anno ammontavano a 5.261, hanno subito una forte contrazione. Mancano all’appello ben 137 unità. L’artigianato ha patito la crisi in misura maggiore (-2,5%) rispetto al settore non artigiano (-1%). Vistosa è apparsa, come nel contesto generale, la sofferenza delle costruzioni e del settore manifatturiero, ai quali è imputabile gran parte del riscontro negativo. Le nuove iscritte sono state 301 a fronte di 437 cessazioni, rimarcando l’andamento, presente già da qualche anno, che vede diminuire le iscrizioni e aumentare le cancellazioni.
Il panorama dell’artigianato pone l’accento su un saldo negativo presente in ben 41 municipi e limita l’andamento anagrafico positivo o di equilibrio ai 28 rimanenti. Spicca il saldo in rosso di Feltre (-21) e di Ponte nelle Alpi (‑14), due degli insediamenti produttivi più importanti della vallata.
«I dati non lasciano dubbi sull’entità della crisi e sul suo peggioramento. – afferma il presidente della Camera di Commercio di Belluno Luigi Curto – Nel 2013 abbiamo avuto la percezione che la situazione socio-economica provinciale si stesse ulteriormente deteriorando e che la capacità dell’imprenditoria locale di far fronte all’avversa congiuntura venisse meno. Ora, questa percezione si è tradotta in numeri. Il Registro delle Imprese ha evidenziato, ponendo a confronto i dati delle imprese iscritte e cessate, che Belluno ha sofferto di più (il tasso di crescita, considerato al netto delle cessazioni d’ufficio, è risultato pari a -1,2%) rispetto al Nord-Est e al Veneto (-0,6%), che pur sono da tempo in frenata. Il nostro risultato diventa ancor più deludente se si tiene conto che la media italiana si è collocata, seppur di poco, in attivo (0,2%).
Le mediocri performance del nostro sistema produttivo – prosegue Curto – si spiegano con il perdurante stallo dell’edilizia e con le palesi difficoltà del manifatturiero. Inoltre, la contrazione dei consumi, figlia di una disoccupazione crescente e di un futuro incerto, ha danneggiato il commercio, la ristorazione e le strutture d’accoglienza. E a soffrire sono state soprattutto le piccole realtà produttive. Vero è che l’ossatura dell’economica provinciale è costituita soprattutto da imprese di media e piccola dimensione, spesso a conduzione familiare, e dunque è da queste che bisogna ripartire, come indicato nel recente convegno di Confartigianato sulla montagna e le PMI, però, con criteri nuovi, superando le storiche carenze strutturali e culturali, puntando su innovazione, informatizzazione ed elevata competenza.
A proposito di competenza – conclude il presidente della Camera di Commercio di Belluno – , urge sottolineare come anche i giovani bellunesi, che potrebbero essere potenziali portatori di innovazione, trovino di norma lavoro altrove e spesso oltrefrontiera, dove la loro preparazione è maggiormente apprezzata».