Il signor Sallusti direttore de Il Giornale, permise la pubblicazione di un articolo che, partendo da una notizia falsa, attribuì colpe e responsabilità ad una persona del tutto estranea.
La libertà di informazione non è libertà di diffamazione o di dire il falso.
Chi diffama non è vittima e tantomeno martire. Forse oggi la pena è esagerata, ma il reato esiste e va perseguito.
Chi è diffamato pubblicamente ha diritto ad essere risarcito e al più presto riabilitato. Ma ora la legge “salva Sallusti”, pone più problemi che rimedi.
Con la nobile scusa di salvare il direttore de Il Giornale, si introducono risarcimenti sproporzionati per la stampa: una legge vendicativa, per bloccare sul nascere qualunque inchiesta seria.
Con tali “innovazioni”, non avremo mai saputo i retroscena del caso Ruby, o degli scandali in Lombardia sul voto di scambio mafioso. Sarebbero state stroncate sul nascere le inchieste della cronista di L’Altomilanese, colpevole di fare troppe domande ad un sindaco finito poi in un’inchiesta di Ndrangheta.
Anche i tagli pesanti alla piccola editoria, rischiano di tarpare le ali all’informazione locale.
Furti e sottrazioni indebite di denaro pubblico avvengono solo con una opinione pubblica tenuta all’oscuro e non informata.
Ma la cosa più grave è che una legge bavaglio per la stampa, sia promossa da una classe politica densa di inquisiti, indagati e condannati. Una legge fatta di corsa, a fine legislatura, sa di regolamento di conti contro chi “mette a nudo il re”.
Tanta foga avremmo voluto vederla nel cancellare la attuale legge elettorale o nel promuovere una legge sul conflitto di interessi, ma, su questi fronti, ancora nulla di nuovo sotto il sole.
Francesco Masut