Mustafà Bekadi, 43enne marocchino di Lozzo di Cadore, non ci sta all’accusa di provocatore affibbiatagli questa mattina dalla stampa locale. Che l’ha dipinto come sostenitore del kamikaze libico Mohamed Game (quello dell’11 ottobre scorso alla caserma Santa Barbara di Milano), perché avrebbe inneggiato a suo favore nei bar del Cadore. Dal Policlinico di San Donato Milanese, dove ora è ricoverato in attesa dell’intervento per la sua cardiopatia, Mustafà precisa: «E’ vero, ho parlato di una bomba umana. Ma mi riferivo solo alla mia salute precaria. E’ quella la bomba che può scoppiare da un momento all’altro. Tutto qui». A complicare la faccenda però, è stata anche la reazione violenta di Mustafà nell’ufficio stranieri di via Lungardo, dove era stato portato. «La vetrata dell’ufficio stranieri – ammette Mustafà – l’ho sfondata perché quello era l’unico modo per arrivare all’ospedale, dal momento che nessuno credeva alla mia malattia». Questa sua condizione, infatti, per ora impedisce l’attuazione del decreto di espulsione che pende sul suo capo. Del resto, anche i medici del Centro di accoglienza di Milano dove è stato visitato, hanno ritenuto di dover procedere al ricovero immediato al Policlinico per l’intervento.