Il Ponte della Vittoria con l’acqua del Piave che scorre è un magnifico biglietto da visita per la città di Belluno. Guardate bene questa immagine, perché potrebbe diventare un romantico ricordo. Una ditta di Bolzano, infatti, per costruire una centralina idroelettrica, vorrebbe installare una diga di gomma gonfiabile per sfruttare l’acqua del Piave. Immaginate di vedere una grossa camera d’aria nera sul fiume sacro alla Patria, un orribile preservativo che sembra uno scherzo proprio sulla prospettiva del Ponte.
L’inquietante eventualità è stata raccontata venerdì sera in una Sala Muccin gremita di pubblico da Nico Paulon del Comitato acqua bene comune che ha promosso l’iniziativa per informare la popolazione sulla questione delle centraline idroelettriche. “Una politica energetica spregiudicata, una rapina del nostro territorio – ha detto Paulon – contro la quale i sindaci hanno pochi strumenti per opporvisi”. Stiamo parlando di 200 chilometri di condotte, con 80 prese e 17 grandi centrali dell’Enel già esistenti, alle quali andrebbero ad aggiungersi altre 150 centraline di potenza fino a 1 Mw per sfruttare quel 10% di acqua ancora rimasta sui corsi d’acqua della nostra Provincia. “Un Far West – ha detto Paulon – con l’assenza di una politica energetica e di programmazione. Inoltre, secondo i dati elaborati dalla Provincia, l’apporto energetico di queste 150 nuove centraline sarebbe solo del 1 per mille, dunque irrilevante”. Ma c’è di più. Secondo uno studio della Fondazione Enel in collaborazione al Politecnico di Milano, lavorando sull’efficenza energetica degli impianti si otterrebbe un risparmio di immissioni Co2 pari a 50/72 milioni di tonnellate con un aumento del Pil di 2-4 punti percentuali pari a 44/64 miliardi e un incremento di 103mila/310mila posti di lavoro l’anno”.
“Siamo in presenza – ha sottolineato Paulon – di una vera e propria speculazione, un mercato drogato dagli incentivi statali che paghiamo in bolletta dell’Enel alla voce tariffa A3”. Un miliardo di euro l’anno per l’idroelettrico che dalle tasche dei cittadini va ai gestori delle centraline.
La serata è stata condotta da Lorenzo Bogo che nella sua introduzione ha illustrato la situazione del Bellunese.
Riccardo Masoch ha parlato della situazione generale mostrando l’Atlante ambientale dello sfruttamento del territorio, prima mondiale con in testa Cina, India e Sud Africa e poi italiano. Al momento in Italia vi sono circa 120 conflitti ambientali.
La seconda parte della serata è stata dedicata agli interventi in sala.
Alessandra Buzzo, sindaco di Santo Stefano di Cadore, ha sollecitato dei provvedimenti della Regione sulla questione. “Nel mio Comune, un’area prettamente turistica – ha detto – vi sono 8 nuove richieste di centraline e a nulla vale il parere contrario degli amministratori locali”.
Jacopo Massaro, sindaco di Belluno, parlando di rapporto costi/benefici per i cittadini, ha manifestato la sua contrarietà a questi nuovi impianti. “Dov’è il principio di sussidiarietà – ha sottolineato Massaro – se le autorizzazioni per le centraline sono sottratte alla competenza dei Comuni”?
Anche Ezio Orzes, assessore del Comune di Ponte nelle Alpi, ha parlato di “una mancanza totale di programmazione da parte della Regione che in questo modo consente a tutti di inoltrare nuove richieste di centraline”. Ha sottolineato, inoltre, l’assenza di pianificazione e gli incentivi sproporzionati. “Che si traducono in uno spostamento di soldi pubblici nelle tasche dei privati più scaltri”. “Tutti i Comuni devono accordarsi e dire no”.
L’onorevole Roger De Menech (Pd) ha parlato della proposta in Parlamento di ridurre gli incentivi, di restrizioni obbligando ad usare l’acqua quella già intubata, della riduzione delle plusvalenze sull’idroelettrico libero e di una revisione sulle procedure autorizzative. “L’acqua – ha detto – non serve solo a produrre energia, ma va salvaguardato l’aspetto paesaggistico, sociale, sportivo e biologico”.
“Per chi è stata fatta questa legge degli incentivi”? Ha chiesto provocatoriamente l’ingegner Piero Sommavilla “è una truffa ai danni dei cittadini. Il Comitato – ha aggiunto – è andato a controllare le scatole cinesi dietro le quali si nascondono i gestori delle centraline, e sono sempre gli stessi”.
Sergio Reolon, già consigliere regionale del Pd, nonché ex presidente della Provincia, ha posto l’accento su una questione squisitamente giuridica. “Con Legge regionale n.2 art.3 del 2006 – ha detto – il governo del demanio idrico è passato di competenza della provincia, quindi anche le derivazioni dell’acqua. Poi c’è stato un accordo Regione-Provincia con scadenza 31 dicembre 2015 in forza del quale la Regione ha continuato a rilasciare le autorizzazioni. Ma con la Legge 25 dell’8 agosto 2014 non c’è dubbio che la competenza per il rilascio delle concessioni sia della Provincia. L’organo supremo della Provincia è l’Assemblea dei sindaci, dunque sono i sindaci a decidere. Le domande di centraline presentate alla Regione non sono valide. La Provincia si riappropri di questa competenza che è totalmente sua”!
Sono intervenuti anche Walter Bonan, assessore del Comune di Feltre, che ha messo in risalto l’ipocrisia che talvolta affligge i Comuni laddove hanno caldeggiato le centraline a capitale pubblico. E Irma Visalli, consigliere comunale a Belluno, che ha lanciato la proposta di chiedere la dichiarazione di notevole interesse pubblico del Piave, così da renderlo un bene non contrattabile e dunque blindato da qualsivoglia richiesta di centralina.
A conclusione della serata la presidente provinciale di Italia Nostra Giovanna Ceiner ha ricordato che esiste una petizione sul sito Avaz per impedire la costruzione di centraline sul Piave https://secure.avaaz.org/it/petition/Al_Ministro_dellambiente_al_Presidente_della_Regione_Veneto_NO_alle_centraline_sul_Piave/?pv=0