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Museo “Algudnei”. Paolo Forlin: “Il laser scanner Lidar dall’aereo, rivela possibili tracce di antichi edifici sepolti a Padola, Danta e Costalissoio”

Dosoledo – Una importante conferenza si è svolta la scorsa settimana nella sede del Museo “Algudnei”; assurto in questi anni a centro di riferimento per la ricerca, divulgazione culturale e scientifica del popolamento alpino a partire dalle età antiche.

Immagine elaborata dallo scanner Lidar
Immagine elaborata dallo scanner Lidar

Al centro delle comunicazioni del dottor Paolo Forlin ( Ricercatore del Dipartimento di archeologia dell’Università inglese di Durham) i risultati dell’indagine aerea Lidar (acronimo di Light Detection and Ranging)
su 14 kmq in Comelico commissionati dal Gruppo di Ricerca Culturale di Comelico Superiore allo scopo di approfondire le ricerche sul “Castrum” di Monte Croce e alle possibili realtà archeologiche sulla fascia Monte Croce-Padola-S.Antonio-Danta-S.Stefano-Campolongo-S.Pietro.

Dopo la breve introduzione del responsabile della realtà museale comelicese, Arrigo De Martin, a cui va riconosciuto il merito e la lungimiranza di affidarsi a metodi e tecnologie innovative per la ricerca archeologica sul territorio, il dottor Paolo Forlin è entrato nel merito delle strumentazioni usate e dell’intera operazione dalle fasi iniziali ai risultati finali. Il Lidar – ha affermato il ricercatore – è un laser scanner montato su un aereo (il volo è stato effettuato dalla ditta Blom di Parma) che consente di ottenere una dettagliata scansione della superficie terrestre. I vantaggi forniti da questo strumento alla ricerca delle testimonianze dell’uomo antico riguardano – ha aggiunto il Forlin- “ un alto dettaglio della scansione, che può arrivare ai 30-50 cm di risoluzione, la possibilità di visualizzare la scansione tridimensionalmente e, fatto fondamentale, considerata la generale situazione della quasi totalità delle nostre zone, sia montane che vallive; il filtraggio della copertura alberata. Operazione che permette di osservare la morfologia del terreno nelle aree coperte dal bosco. E, quindi, attraverso delle specifiche analisi digitali, il Lidar può rivelare la presenza di numerosi elementi di interesse archeologico”. Va ricordato di come, a tale proposito, a muovere l’interesse verso innovativi metodi di ricerca, del responsabile del Museo “Algudnei”, siano state le importanti scoperte inerenti l’accampamento romano, datato al IV-V sec. d.C., situato nei pressi del Passo di Monte Croce Comelico.

Entrando nel merito delle scoperte ed acquisizioni derivanti dalle rilevazioni Lidar, il ricercatore ha sottolineato come le informazioni inedite emerse abbiano sottolineato l’alto potenziale archeologico dell’area. Nell’ambito del forte romano, infatti, sono state osservate una serie di anomalie relative alla viabilità antica e storica del Passo di Monte Croce Comelico. In particolare, alcune tracce sembrano suggerire la presenza di almeno due tracciati dello stesso periodo se non addirittura precedenti, alla struttura militare di IV- V secolo. Nella stessa area, inoltre, sono emersi segni, che potrebbero essere riconducibili ad attività di estrazione mineraria di cui, al momento, non e’ nota alcuna documentazione storica. (Come esempio va rilevato, tuttavia, come il Comelico sia stato territorio minerario con estrazioni di piombo e zinco della miniera di Salafossa, proseguite sino al 1986, mentre le prime testimonianze di questo sito risalgono al 1544 n.d.r.). “Per le epoche più recenti -ha aggiunto Paolo Forlin, – a ribadire l’alto valore strategico della zona del Passo di Monte Croce Comelico, sono i dati relativi alle opere fortificate della prima guerra mondiale e del Vallo Alpino: situate tra l’area del Passo e la Cima dei Collesei che si presentano, perfettamente leggibili, Si tratta delle tracce di numerose trincee, sbarramenti e case forti di cui appare possibile, per la prima volta, proporre una completa organica mappatura. Di cronologia incerta, e da verificare con apposite compagne archeologiche, sono le tracce antropiche emerse all’interno di numerosi siti d’altura distribuiti tra il Passo di Monte Croce, Padola e Danta, la maggior parte dei quali è, oggi, completamente coperti dal bosco. Tali siti posti sui rilievi, o in fondovalle oppure di medio versante, hanno fin dall’antichità attirato la presenza umana con funzioni insediative, militari o cultuali e presentano pertanto un alto potenziale archeologico. Un ultimo accenno – ha concluso Forlin- deve essere riservato alla straordinaria visualizzazione e lettura dei paesaggi agrari oggi scomparsi perché completamente convertiti a pascolo o abbandonati e invasi dal bosco. Il risultato è stato ottenuto mediante una particolare tecnica dei dati Lidar che amplificano il micro rilievo, parcellare di grande interesse – e di probabile epoca medievale -. Queste sottolineature, emerse, in prossimità degli abitati di Padola, Danta e Costalissoio, sono associate, in alcuni casi, con tracce che potrebbero rivelare la presenza di edifici sepolti”. Ora la parola passa alle future indagini stratigrafiche, concordate con la competente Soprintendenza, che avranno l’obiettivo di raccogliere nuove e fondamentali informazioni relative alla tipologia e datazioni dei numerosi ambiti individuati.

Eugenio Padovan

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