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Vajont, frana programmata? Agghiaccianti rivelazioni al Gazzettino dai figli del notaio Chiarelli, testimone di una conversazione tra i dirigenti della Sade

vajont_2Fa molto discutere la rivelazione di Francesca Chiarelli al quotidiano il Gazzettino, secondo la quale la frana del Vajont del 9 ottobre 1963 sarebbe stata programmata dai vertici della Sade (Società Adriatica di Elettricità 1943-1962 presieduta da Achille Gaggia)la società proprietaria degli impianti, nel corso di una riunione alla quale era presente il padre, notaio Isidoro Chiarelli, capitano degli alpini durante la II Guerra mondiale, deceduto nel 2004.

La testimonianza della figlia minore del notaio Francesca, è confermata anche dagli altri due figli, Silvia docente universitaria a Padova e Pierluigi avvocato di Belluno.

Che la frana del monte Toc fosse stata programmata, lo aveva detto a suo tempo lo stesso notaio Isidoro Chiarelli. Una dichiarazione che gli costò l’isolamento dalla Belluno che conta, oltre che il danno economico, secondo quanto riferito dalla figlia Francesca.

La tesi della frana programmata, del resto, calzerebbe perfettamente con le simulazioni che all’epoca vennero fatte a Nove (Vittorio Veneto), in un’area della Sade dove era stato stato riprodotto in scala un bacino artificiale nel quale vennero rovesciati con degli autocarri dei carichi di sabbia per misurare l’impatto che avrebbe avuto la frana sulla diga del Vajont.

E’ probabile, dunque, che i tecnici avessero effettivamente ipotizzato una “frana programmata” che si sarebbe determinata abbassando la quota dell’acqua. La spinta sulle pareti della montagna sarebbe diminuita facendo scivolare nel bacino la frana. Il tutto sarebbe avvenuto senza che la popolazione percepisse alcunché.

L’errore, evidentemente, fu nella valutazione dell’entità della frana e nel ritenere il Monte Toch assimilabile a un cumulo di sabbia. Senza quindi nessun piano di evacuazione della popolazione, nemmeno in via precauzionale.

Agghiacciante la conversazione dei dirigenti della Sade che sarebbe avvenuta a Longarone nello studio del notaio Isidoro Chiarelli nel corso del rogito di acquisto di un terreno, riportata dal Gazzettino. “Facciamolo il 9 ottobre, verso le 9-10 di sera. Saranno tutti davanti alla tv e non ci disturberanno, non se ne accorgeranno nemmeno. Avvisare la popolazione? Per carità. Non creiamo allarmismi. Abbiamo fatto le prove a Nove, le onde saranno alte al massimo 30 metri, non accadrà niente e comunque per quei quattro montanari in giro per i boschi non è il caso di preoccuparsi troppo”.

Leggerezza, arroganza e fretta, dei padroni del vapore. Che dovevano a tutti i costi fare entrare in funzione il bacino per la produzione di energia elettrica. Perché solo così l’Enel avrebbe pagato alla Sade il corrispettivo pattuito per l’acquisizione degli impianti.

 

 

 

 

 

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