Il 9 e il 10 marzo 2008 ottocentosessanta elettori su 903 votarono sì al referendum per il passaggio di Sappada in Friuli.
Oggi, con le ultime delibere della Commissione Bilancio e Affari Costituzionali, sembra che l’interminabile iter possa concludersi, rispettando il volere degli elettori.
Il Bard – fa sapere il Movimento autonomista in una nota – ritiene che questo risultato sia il giusto premio per la tenace determinazione dei plodar, che hanno sempre saputo chi sono e quali sono i loro diritti di minoranza alpina.
“Siamo molto felici per loro e ci auguriamo che la scelta fatta li aiuti a consolidare la loro comunità e garantirne la sopravvivenza assicurandogli progresso e sviluppo. Per un verso ne siamo certi perché uscendo dalla marginalità, in cui sono stati condannati dalle politiche regionali venete, potranno contare sulle proprie energie per ottenere i risultati che desiderano ma siamo anche preoccupati perché la Regione Friuli – Venezia Giulia, pur dotata di statuto speciale, ha politiche per il governo della sua montagna assai simili a quelle venete.
Anche lì comanda la pianura, che impone le proprie visioni e interessi alla montagna con processi involutivi anche peggiori di quelli bellunesi, specialmente in Carnia.
In ogni caso auguriamo ai plodar buona fortuna e speriamo che il loro futuro sia migliore del nostro.
Siamo convinti che essi abbiano fatto la scelta giusta poiché ogni comunità ha il diritto e il dovere di proteggersi e difendersi dal pericolo della propria dissoluzione.
E non c’è alcun dubbio che gli amici plodar lo sanno e lo hanno fatto con tutti i mezzi a loro a disposizione.
Sono stati bravi, coraggiosi e pazienti.
Ma saremmo prudenti prima di festeggiare”
Sappada è un caso politico e la politica non ha alcun interesse per il destino delle comunità e delle persone.
Conta il significato simbolico.
Se Sappada passa in Friuli esplode un modello di gestione dei referendum, che li celebra a parole e li affossa nei fatti.
Sappada corre ancora molti rischi di essere fermata.
Dopo di loro restano ancora in Veneto, contro il proprio volere espresso nello stesso modo democratico, Lamon, Sovramonte, Cortina, Colle Santa Lucia, Livinallongo, Taibon e Voltago.
Se tutti ottengono quello che a loro spetta significano 15.953 residenti in meno (-8%) per l’ex Provincia di Belluno che perde un territorio di 557 km quadrati, (-15,1%).
Il nostro peso sul mercato turistico cala bruscamente visto che perderemmo 1,496 milioni di presenze ovvero il 40% dei flussi turistici pari a circa 210 milioni di euro (-3,8%) di valore aggiunto.
Le risposte a questa situazioni possono essere solo due.
La prima è lasciare che tutto vada come deve andare, poiché è evidente che le comunità bellunesi non accetteranno di suicidarsi tutte per compiacere una politica dissennata sulle autonomie locali.
Ognuno farà i suoi conti e deciderà.
Dell’area vasta dell’ex Provincia di Belluno resteranno solo macerie e il ministro Delrio e il PD, con la loro sciagurata legge, diventeranno l’ennesima catastrofe che ha colpito le Dolomiti.
Gli elettori è bene che se ne ricordino.
State certi che il Bard sosterrà in ogni modo le comunità che vorranno salvarsi dalla dissoluzione imposta da scelte politiche miopi e suicide.
La seconda è che questo processo sia fermato, dando alle comunità bellunesi il potere di autogovernarsi, adottando politiche economiche e sociali adeguate alla montagna, lasciando alla gente alpina la gestione del 90% del proprio gettito tributario – come accade in Trentino Alto Adige Sudtirol – restituendo loro il potere di amministrare il proprio territorio con una istituzione elettiva e dotata di adeguate risorse economiche e libertà di decisione.
Per prima cosa è perciò indispensabile che il PD onori l’accordo elettorale sottoscritto nel 2015 con il Bard per restituire elettività all’ente che deve rappresentare e tutelare gli interessi delle comunità dolomitiche.
A questo punto lo slogan iniziale del Bard è più attuale che mai: Bellunesi desmisionse fora!