Un libro per Natale? Te lo proponiamo noi, “quelli di Bellunopress”.
Belluno ieri e oggi cronache del passato
Il feldmaresciallo Erwin Rommel “la volpe del deserto”, il segretario del Partito nazionale fascista Achille Starace, il generale inglese Bernard Law Montgomery. E ancora i due dittatori Hitler e Mussolini, Re Vittorio Emenuele II° e l’ultimo imperatore d’Austria Carlo d’Asburgo. Cosa c’entrano tutti questi personaggi del ‘900 con Belluno?
Ve lo racconta Roberto De Nart nel suo libro “Belluno ieri e oggi, cronache del passato” (nelle librerie del centro Belluno, in internet formato cartaceo ed elettronico eBook, 12 euro 180 pagine Bellunopress editore).
Una quarantina di articoli e racconti brevi, legati alla Provincia di Belluno. Al centro le cronache del passato, dai patrioti bellunesi dell’800, la straordinaria avventura del conte Carlo Rudio cadetto austriaco, bombarolo, evaso dalla Caienna ed ufficiale del 7mo Reggimento cavalleria del generale Custer, passando per la I^ Guerra mondiale con l’episodio dell’enigma sull’uccisione del generale Cantore e la storia della spoletta differita nata all’Ospedaletto da Campo n.42 ai piedi delle Tre Cime di Laverado Nel 1916, dove prestava servizio il tenente medico Ugo Cerletti. Il Ventennio fascista, con la visita a Belluno di Mussolini il 24 settembre del 1938 e il suo celebre discorso “Burro o cannoni” che anticipava l’entrata in guerra. La storia dell’anarchico bellunese Angelo Sbardellotto, che rifiutò di chiedere la grazia e venne fucilato per aver progettato di uccidere il Duce. La visita a Belluno di Ettore Starace, la storia di Giobbe Giopp, l’ingegnere antifascista esperto di esplosivi. Fatti che avrebbero anche potuto cambiare il corso della grande storia. Come il cosiddetto incontro di Feltre tra i due dittatori Hitler e Mussolini, con il retroscena del progetto dell’attentato il che non ci fu, raccontato da uno dei protagonisti della vicenda. E altre storie meno note come quella di Dino Gusatti Bonsembiante, l’ex Federale di Belluno che si fece frate francescano, la visita a Belluno del generale inglese Montgomery nell’agosto del 1951 in piena guerra fredda. Aneddoti dimenticati, come quello dello “Schioppo a vento” di Girardoni e il suo silenzioso proiettile che, si narra, colpì al piede Napoleone a Ratisbona nel 1809, durante la II ^ Campagna contro l’Austria. Per finire, le interviste ai politici bellunesi della I^ Repubblica, Tullio Bettiol, consigliere regionale, i parlamentari Gianfranco Orsini, Emilio Neri, Paolo De Paoli e Giovanni Crema sulla politica di ieri e oggi.
Centottanta pagine in stile prettamente giornalistico, per una lettura rapida, che si rivolge ad ogni genere di lettore.
Se preferite l’avventura, le storie di mare, ecco il libro di Ezio Franceschini
La botte di Hemingway
Ciò che la terra divide il mare unisce. Lo dicevano i greci navigatori e lo racconta anche questo libro. Sei storie di mare e di costa, popolate di personaggi che sul mare si incontrano, si perdono e in mare si ritrovano. Così all’ombra delle moderne vele triangolari vagabondi marinai, capitani e armatori sognano l’avventura, che forse è già passata. Victor e Isabela, l’ultima cucitrice di bisso, l’avventurosa e ricca Judit, i rasta della jungla, il teschio di Nelson, il sogno infranto di Bruno, Miami e l’uragano, lo sfarfallio delle vite di Violet ed Erika, la botte dello scrittore… . Così il popolo della vela, tenero, malinconico, esilarante, insegue i suoi sogni e il suo destino tra porti e isole, dagli atolli venezuelani al Marocco, attraverso l’Atlantico e il Mare Nostrum fino alla laguna di Venezia.
Con i sei testi prende forma una sorta di “arte del racconto” tout-court, senza necessariamente la qualifica “marina”, ché il mare non è mai il protagonista, e dunque lontanissimo dalla classica letteratura di genere, ma un “a priori” silente, sfondo non imprescindibile, percepito nelle sue forme più varie dallo spazio mediterraneo, a quello oceanico, fino al ritorno, con annessa “nostalgia”, nell’ultimo dei sei La Botte di Hemingway, al mare minuscolo della laguna della innominata Venezia, madre e grembo, dove si conclude in senso circolare, dopo divaganti approdi, l’allontanamento avvenuto nel primo racconto, L’imbarco, con un ritorno al passato e, insieme con un progetto di Vita Nuova, una palingenesi. Lo spazio marino non caratterizza un “paesaggio”, ma un puro contesto, dove semmai prevale il vento come forma localizzante, individuante anche la luce e il colore dell’acqua e dell’aria. Il mare è una massa disomogenea, infinita, un continuum con variazioni, dalla trasparenza all’opacità assoluta. Metafora di un infìdo spazio esistenziale, ma anche di un’ineguagliabile libertà di vivere e di morire, senza mai trovarvi una ragione per l’uno o per l’altro.
Del mare si è anche, al tempo stesso, prigionieri. E un marinaio senza nave, senza imbarco, tema ricorrente in più racconti e centrale in L’uragano, è un esule di fronte a un muro d’acqua.