Non esistono disastri naturali, esistono eventi naturali che divengono catastrofi grazie a decenni in cui si è considerata la fragilità del suolo un problema da sorvolare, da stemperare, magari da raddrizzare con analisi tecniche parziali e mitigate, a volte, in base all’indirizzo politico o economico .
E anche se sappiamo bene che le responsabilità sono vecchie, è pur vero che quando , ogni giorno, si devono fare le scelte, a quelle responsabilità lontane se ne aggiungono continuamente di nuove. Ne è un esempio quanto accaduto non decenni ma solo tre anni fa, durante la vicenda del Piano territoriale Provinciale, quando quaranta sindaci ci accusarono di essere “vincolanti” perché il piano era troppo “precauzionale” rispetto alla fragilità del suolo e alla tutela dello spazio dei fiumi. Anche allora, sembrava impossibile si facessero certi ragionamenti. Come non vi fosse memoria delle tragedie vissute in passato dal territorio bellunese. Come se economia potesse essere solo e sempre coprire suolo. Eppure è accaduto.
Ecco perché credo che il problema sia culturale oltre che politico e che, anche se tutti invocano il cambiamento di metodo, l’impegno vero si verifica solo e sempre lontano dalle emergenze. Quando serve il coraggio di scelte impopolari, quando si dove rinunciare a un certo consenso, quando si dove dire alcuni no ai poteri forti e alla richiesta di espansioni, varianti e costruzioni inutili, quando si dove dire un NO corale in parlamento all’ennesimo condono. Quando finalmente si metteranno in atto azioni per una nuova economia basata sull’edilizia del recupero, agricoltura e manutenzione del territorio? Quando finalmente i nostri amministratori faranno i nuovi strumenti di Pianificazione ? (che fine hanno fatto tutti i PAT che i comuni avevano messo in cantiere? come mai non vanno avanti?)
Eppure non esiste altra strada possibile. Coraggio e determinazione durante i disastri non basta più. Bisogna mettere in atto una nuova politica e una nuova cultura del territorio. A tutti i livelli. Coniugando azioni locali e programmazione regionale e nazionale.
Perché, vista l’ampiezza del fenomeno, il vero dramma è che il governo del territorio è l’ultimo dei temi nel quadro delle riforme che l’Italia ha in Agenda. Non è considerato gerarchicamente rilevante . Come non fosse un problema anche economico, anche sociale , salvo poi diventare un’emergenza quando mezza Italia va sott’acqua, quando ci sono morti, sfollati, agricoltura e imprese in ginocchio. E si deve, di corsa, impegnare 64 miliardi per la sicurezza del suolo.
E’ proprio ora di cambiare registro. E deve essere un impegno collettivo che occupi trasversalmente i mondi che si occupano del territorio, in primis della politica , ma non solo.
Irma Visalli