Col decreto legislativo n° 158/2012 del ministro Balduzzi sulla riorganizzazione della sanità sono previste nuove disposizioni per l’attività dei medici di medicina generale (MMG).
I medici di medicina generale (medici di base o medici di famiglia) sono obbligati a svolgere attività di medicina di gruppo (aggregazione funzionale territoriale:AFT), a livello distrettuale, ed in Unità Complesse di Cure Primarie, UCCP, a livello zonale: (di comunità) prestando assistenza alle persone di libera scelta per 24 ore al giorno, per 365 giorni all’anno. Il gruppo sarà obbligato a turnarsi per garantire le prestazioni ambulatoriali per 12 ore al giorno.
I problemi che si pongono ai medici sono di loro competenza , ma come saranno garantite le prestazioni erogate ai loro pazienti? Non è sufficiente garantire la loro presenza nell’ambulatorio “di UCCP”. Se questo può essere possibile in un centro cittadino, ciò è problematico nelle zone di montagna come lo è la provincia di Belluno. Che fine faranno gli ambulatori della periferia?
Ammesso che l’ambulatorio “di comunità” venga realizzato a Mel, Feltre, Fonzaso o Lamon, Santa Giustina, Sedico, Longarone, Pieve di Cadore, Santo Stefano di Cadore, Cortina d’Ampezzo, Agordo, eecetera, che fine faranno gli ambulatori medici attualmente presenti a Sant’Antonio Tortal, Lentiai, San Gregorio nelle Alpi, Sovramonte, Gosaldo, Frassenè, Selva di Cadore, Fusine di Zoldo Alto, Zoppè di Cadore, Cibiana di Cadore, ecc.? I medici saranno costretti a mantenersi gli ambulatori attuali ed essere presenti per uno o più giorni della settimana oppure le persone di queste località saranno obbligate a confluire nell’ambulatorio “di UCCP”? O pretendiamo che si ammalino soltanto in determinati giorni della settimana? Se il confluire nell’ambulatorio “di UCCP” può essere agevole per persone autosufficienti ed in grado di spostarsi autonomamente, che ne sarà degli anziani con le difficoltà connesse all’età e degli ammalati non autosufficiente e con difficoltà deambulatorie e/o senza mezzi autonomi di trasporto? L’ULSS organizzerà dei trasporti a chiamata o incentiverà le organizzazioni di volontariato per supplire alle necessità della popolazione? Oppure le persone con un impegno lavorativo dovranno prendersi un permesso, non retribuito, per assentarsi dal lavoro? Sono problemi che debbono essere affrontati prima di dar vita a questo nuovo tipo di assistenza sanitaria di base.
Altro problema da risolvere sarà quello del rapporto medico/paziente. Il paziente confluendo nell’ambulatorio “di UCCP”, sicuramente troverà un medico a cui affidarsi perché quel medico avrà a disposizione (o sarà collegato) al computer del collega e del suo nuovo (provvisorio) paziente conoscerà tutta la patologia. Ma il paziente sarà soddisfatto di vedere violata la legge sulla “privacy” e confidare ad un medico, che non ha scelto, la sua patologia?
Il medico, o la guardia medica (se sarà confermata la sua presenza), per completare la diagnosi può ritenere necessaria una visita specialistica; può ritenerla urgente o con un codice bianco. Il paziente si presenta al CUP (centro unico prenotazioni) o al pronto soccorso. Il CUP le fissa la visita entro pochi giorni (urgenza) o dopo una lunga lista d’attesa. Il paziente si presenta alla visita, dopo aver pagato il ticket, e lo specialista può rimandarlo al medico di medicina generale perché la malattia e la cura sono di sua competenza.
Infine l’assistenza domiciliare. Con la riduzione dei posti letto degli ospedali, la degenza del malato viene limitata solo per l’acuzie della malattia e poi viene affidato al medico di medicina generale. Se questi deve svolgere la sua attività con cura e diligenza, deve effettuare una valida assistenza domiciliare. Per raggiungere lo scopo, però, necessita di collaboratori qualificati: infermieri professionali, fisioterapisti e, molto spesso, ausiliari. Troppo spesso, specialmente fra i più anziani, trattasi di persone singole, con redditi non elevati e pertanto non in grado di assumere dei collaboratori familiari o delle badanti per cui necessitano di tutto: del medico, dell’infermiere, del fisioterapista e dell’ausiliario. È in grado la ULSS di dotare gli ambulatori di comunità di tutte queste professionalità e di supportare il conseguente onere finanziario per realizzare seriamente un’assistenza domiciliare integrata(ADI) efficiente?
Il Comitato Provinciale ANMIC ritiene opportuno prospettare alle istituzioni preposte alla realizzazione della riforma della medicina di base (Regione, ULSS, Ordini e Collegi Professionali) le necessità che debbono essere affrontate per non abbandonare nell’incuria i bambini, gli anziani, gli ammalati specialmente i non autosufficienti, le persone che vivono sole, ossia la parte più debole della nostra società. È necessario che venga organizzata un’accurata Assistenza Domiciliare Integrata; il medico deve disporre di infermieri professionali, fisioterapisti ed ausiliari (per le troppe persone sole); venga garantita la permanenza degli ambulatori frazionali o comunque decentrati; venga predisposto un servizio di trasporto a chiamata per agevolare la confluenza dei pazienti nell’ambulatorio di comunità (UCCP) onde evitare che il familiare abbia a chiedere un permesso, non retribuito, all’azienda o all’ufficio di appartenenza.