Allungando fino a data da destinarsi il blocco del programma nucleare, il governo tenta di annientare un referendum di cui ha una paura incredibile. I consensi per il premier sono in picchiata e l’immobilismo dell’esecutivo pesa come un macigno sull’economia e la società italiana. In uno scenario del genere appare naturale che il Consiglio dei Ministri abbia deciso di sacrificare perfino uno dei suoi cavalli di battaglia, il ritorno delle centrali atomiche, pur di salvare il capo. Non bisogna cadere nella trappola: non è escluso che il governo, una volta schivato il referendum, ritorni sul suo programma, con l’arroganza e la prepotenza che lo contraddistingue. Anzi. Userà anche i carri armati pur di riuscire nell’impresa di favorire le lobby dell’atomo sulla pelle dei cittadini.
In molti già si chiedono: e ora dove prenderemo l’energia? A parte che il nucleare produrrebbe solo elettricità, che è solo il 20% dell’energia consumata, e rappresenterebbe pur anche con programmi massicci una piccola parte di questa produzione, hanno ragione. Adesso che il ministro Romani ha appena massacrato le rinnovabili con i tagli ai finanziamenti (perché o il nucleare o le rinnovabili) le strade sono due: o il governo pensa che gli italiani siano tutti cretini o questo stop è un bluff per fermare la consultazione referendaria. L’esecutivo si straccia tutti i giorni le vesti strillando che “i giudici vogliono sovvertire la democrazia”. Di antidemocratico, invece, c’è solo questo comportamento. Perché si scrive energia ma si legge democrazia.
Italia dei Valori – Belluno