
«Per fermare gli studenti universitari che protestano, Maroni dovrebbe fare quello che feci io quando ero Ministro dell’Interno. Ossia lasciarli fare. – lo dichiarò il presidente Francesco Cossiga in una intervista pubblicata sul Resto del carlino il 23 ottobre del 2008 – Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università. Infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città. Dopodiché, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri. Nel senso che le forze dell’ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti all’ospedale. Non arrestarli, che tanto i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli, e picchiare anche quei docenti che li fomentano. Soprattutto i docenti». A seguito di questa dichiarazione, Alfio Nicotra, della direzione nazionale del Prc, ha chiesto di riaprire l’inchiesta sulla morte di Giorgiana Masi, la studentessa 19enne uccisa da ignoti con una calibro 22 il 12 maggio 1977 a Roma nel corso di un sit-in promosso dai radicali. Il partito radicale non faceva parte dell’arco costituzionale e aveva deciso di sfidare il divieto dell’allora ministro dell’Interno Cossiga di organizzare manifestazioni nel Lazio da parte di gruppi extraparlamentari. Secondo l’ex presidente della commissione stragi Giovanni Pellegrino, le parole di Cossiga confermerebbero come “quel giorno ci possa essere stato un atto di strategia della tensione, un omicidio deliberato per far precipitare una situazione e determinare una soluzione involutiva dell’ordine democratico, quasi un tentativo di anticipare un risultato al quale per via completamente diversa si arrivò nel 1992-1993”.