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Gli stress test e la verità sulle nostre banche di Paolo Da Lan

Oggi, venerdì 23 luglio alle 18 si rendono pubblici i risultati sugli stress test che l’organismo europeo CEBS ha condotto si 91 banche, di cui 5 italiane. Sto scrivendo questa lettera ed è pomeriggio, prima però della pubblicazione dei risultati poichè già immagino l’esito, e sopratutto l’enfasi che il giornalismo economico ne darà. Tutto bene per le principali banche, quelle che pochi mesi fa erano sotto la lente per l’estremo pericolo che stavano correndo, godono di buona salute anche se con qualche piccolo problema. Si dirà che quel problema sarà risolvibile facendo intervenire i governi per far rientrare il debito pubblico e altre indicazioni simili che risparmio in questo momento. Niente di più falso. Lo stato delle nostre banche è assolutamente in pericolo e questo è facilmente provabile con alcuni elementi, tra i quali il principale parametro che è stato utilizzato per l’analisi, il Core Tier 1.
Innanzitutto vediamo di capire cos’è; è un dato rilevabile direttamente delle comunicazioni delle banche, che indica il capitale proprio in rapporto alle attività dell’istituto. Spieghiamo meglio, se come si dice una banca ha il Core Tier 1 al 6% significa in pratica che possiede realmente 6 euro ogni 100 emessi sottoforma di mutui, prestiti, e altri prodotti bancari. In buona sostanza presta ad altri soldi che non ha, se non in minima parte (il 6% appunto). Molti penseranno che l’altro 94% sia dei clienti che hanno “depositato” i propri soldi nelle banche. Purtroppo non è così visto che per contratto sono sempre disponibili, ma neanche è possibile pensare che vi siano sufficienti depositi vincolati visto che, appena nel conto ci sono un po’ di soldi, il nostro istituto ci propone non di vincolarli ma di sottoscrivere qualche portentoso prodotto finanziario. Se capitasse ciò è bene sapere che abbiamo la stessa probabilità di guadagno alle slot machine di un bar, con la differenza che almeno li ci divertiamo noi a perdere i nostri soldi.
In pratica la nostra banca crea soldi dal nulla, ex nihilo come si dice che però ci fa pagare.
Tornando al problema, i nostri istituti sono stati monitorati e risulteranno ok, ma va detto che il controllore e il controllato sono in pratica la stessa persona.
La Banca d’Italia è di proprietà di banche e assicurazioni, i 5 istituti controllati possiedono sia direttamente che indirettamente, la nostra banca centrale per oltre il 50% delle quote di partecipazioni, alcune di queste hanno nel loro pacchetto azionario istituti finanziari di altri paesi come la Francia, Mario Draghi è stato, e probabilmente lo è tuttora, uomo di Goldman Sachs come lo fu in precedenza anche Ciampi ma anche Padoa Schioppa. La Banca d’Italia è proprietaria del 14 % delle quote della BCE o Banca Centrale Europea, la quale attraverso le proprie ramificazioni controlla sia il Financial Stability Board che la commissione che ha lavorato per studiare le 91 banche in esame. Pensare che quanto emergerà sia obbiettivo e rappresenti  realmente lo stato di salute delle nostre banche necessità di grande impegno e un particolare sforzo di “buona volontà”, che però rende troppo vicina la soglia del masochismo.
Dico questo perché la stessa Banca d’Italia ha sempre sostenuto che la soglia di pericolo per la stabilità di un istituto come una banca era proprio quel 6% di Core Tier che oggi invece verrà rappresentato come un margine di sicurezza che ci dovrebbe tranquillizzare. Non sono ne un medico ne uno studioso di finanza ma mi sembra di poter fare questo esempio: per la Banca d’Italia essere al 6% è come avere 42 di febbre, e quindi rischiare il coma, quindi asserire che visto che non siamo ancora in coma vuol dire che stiamo piuttosto bene e riusciremo a far fronte ai problemi che arriveranno, è una mistificazione della realtà.
La verità è che nelle banche non c’è più un soldo, provate a farvi cambiare un assegno circolare di poche migliaia di euro dalla banca che lo ha emesso per sentirvi rispondere che dovete ripassare dopo qualche giorno poiché non ve lo possono cambiare.
Questo ha un unico significato, le banche sono senza soldi, neanche quelli che emettono come gli assegni circolari e per definizione questa è insolvenza.
Quindi sentirsi dire che il sistema bancario è in grado di affrontare una tormenta economico finanziaria è una balla.
Anzi possiamo dire di più, questa procedura che va sotto il nome di stress test definisce che lo stesso sistema finanziario-bancario sa che arriverà un’altra tormenta dei mercati economici legata sempre agli stessi problemi.
Questo test servirà per tranquillizzare i clienti e l’opinione pubblica sulla pseudo tenuta del sistema, ma i primi a non crederci sono i banchieri stessi.
Un esempio viene dalla richiesta di pubblicare i risultati dopo le ore 18 di venerdì, questo momento coincide in pratica con la chiusura dei principali mercati borsistici, e questo non capita per caso.
Sanno che i mercati, che conoscono cosa significa veramente questa manovra, non reagiranno in modo entusiasmante, ma così facendo hanno due giorni di tempo per battere la grancassa mediatica.
Alla faccia della libertà di stampa ci saranno fior di firme che diranno che il sistema è in grado di reggere, faranno distinguo, ragionamenti sofisticati, rimanendo ben lontani dal far chiarezza.
Qual è la chiarezza? tutto il sistema bancario è decotto! Non è in grado di far fronte ai propri impegni con i correntisti, è sufficiente che tutti chiedano ai propri istituti di restituire una piccola parte dei soldi che hanno depositato nei loro conti correnti per far fallire non la banca ma l’intero sistema.
È già successo, sta succedendo e potrà succedere, tutto ciò rimane nel nostro futuro finché le regole saranno scritte di dai diretti interessati.
Tutti si sono scagliati contro il sistema americano reo di aver creato i mutui sub-prime, tra l’altro ieri si è gioito per quattro regole che il sistema bancario americano ha dettato ad Obama.
Noi europei non siamo da meno, anzi in Italia stiamo pure peggio visto che circa un anno fa il Corriere della Sera pubblicava un piccolo articolo sperduto tra le pagine che asseriva a tale riguardo la particolare e pericolosa esposizione dei nostri istituti nel settore mutui immobiliari, indicando in circa il 60% il valore di tale esposizione a lungo termine in rapporto alle varie attività bancarie.
Il problema consiste nel fatto che sono usciti ingenti masse di denaro in un breve periodo ma rientreranno in un lunghissimo periodo, creando appunto quel pericoloso abbassamento di solidità che oggi è oggetto di analisi.
Come si consolideranno le nostre brave banche? Semplice abbassando le uscite e aumentando le entrate, e questo lo hanno già iniziato.
L’esempio simbolo è la trasformazione dei mutui concessi anche al 120% del valore dell’immobile in prodotti finanziari con il processo delle cartolarizzazioni.
Cosa hanno fatto in pratica, hanno impachettato i debiti dei clienti e li hanno fatti trasformare in prodotti finanziari che ora stanno proponendo ad altri clienti, ignari del fatto che se, come probabile, il mutuatario si troverà in difficoltà e non sarà in grado di pagare le rate del mutuo, la banca si impossesserà della sua casa, nel frattempo avrà ricevuto i soldi della società che ha acquistato quel mutuo per trasformarlo, e se venderà agli sportelli il prodotto finanziario che contiene quel mutuo assieme a molti altri, ci guadagnerà ulteriormente.
Sembra assurdo ma è la riproposizione della nota frase da Casinò “il banco vince sempre”.
Quindi cosa dobbiamo fare per difenderci? Evitare di lasciare soldi in banca oltre a quelli che ci sono utili, non leggere giornali che parlano di economia e finanza (oramai è fin troppo evidente la presenza di banche e assicurazioni nei pacchetti azionari dei gruppi editoriali) utilizzare internet come fonte di informazioni, leggere o scaricare da Youtube documenti o video che spiegano realmente dove stiamo andando. Insomma non fidiamoci di chi per mesi non è stato in grado, o meglio non ha voluto, prevedere quanto sta succedendo.
Do un esempio, c’è un importante indicatore che si chiama Baltic Dry Index che indica l’andamento dei trasporti di materie prime con il continente asiatico, è importante perché indica l’utilizzo di prodotti fondamentali per la crescita economica come il ferro o altri materiali.
Questo indicatore ha arrestato nella prima parte dell’anno la sua crescita e in questi ultimi mesi conferma il suo andamento orizzontale, ciò indica un rallentamento dei mercati asiatici quali la Cina e l’India.
Un altro indicatore importante è quello della borsa di Shangai che sta ponendo più di qualche riflessione agli analisti attenti.
Sono dati che gli esperti conoscono e che dovrebbero far suonare qualche campanello d’allarme.
Ecco perché settembre e ottobre per noi sono mesi cruciali, essi dovranno dimostrare che il sistema produttivo si sta riprendendo, ma avere il sistema bancario che stringerà ancor più i cordoni della borsa non creerà le condizioni necessarie per far realmente partire l’economia.
Di esempi del genere ne abbiamo visto sul nostro territorio e ne vedremo ancor di più tra qualche settimana.
Nella nostra provincia sono tantissimi gli sportelli facenti parte di quelle banche monitorate (Unicredit, Intesa S. Paolo, Monte Paschi, Banco Popolare e UBI Banca,) se come è probabile risulteranno attorno al fatidico 6%, ma anche 7,5 non è salute, sarà evidente che non concederanno finanziamenti a breve, medio o lungo termine, proprio per non peggiorare la loro delicata situazione.
Solo i piccoli istituti sono in grado di far fronte a questi impegni, non a caso molti di essi hanno il Core Tier a 15. 16 e in qualche caso al 18%.
Come dire che piccolo è bello….. grande è sovvenzionato.
Paolo Da Lan
Segr. Provinciale Uilta Belluno

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