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sabato, Ottobre 5, 2024
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Agricoltura bellunese futura

Non mi sono mai illuso che le mele lucide acquistate al supermercato o dal fruttivendolo fossero come si dice oggi, “biologiche”, ma nemmeno mi ero mai posto la questione su quante “lavorazioni” (fino a 38 trattamenti) ci vogliono per ottenere quel risultato. In Val di Non patria della mela un gruppo di cittadini abitanti nei pressi di piantagioni ha commissionato di tasca propria una ricerca tecnica sia nel 2008 che nel 2009 per capire se i residui delle numerose nebulizzazioni di medicinali sui meleti finiscono anche sull’orto, sul cortile, sulla veranda di casa, oppure in spazi pubblici come scuole ed asili. La risposta è affermativa e la preoccupazione dei residenti per la loro salute naturalmente fortissima. http://www.ecceterra.org/docum.php?id=1803
Esistono normative sulle distanze di sicurezza (evidentemente insufficienti), così come i prodotti usati sono consentiti dall’Unione Europea anche se ogni tanto si sente di quel medicinale usato fino a ieri che ora finisce al bando perchè potenziale cancerogeno. Nello stesso periodo è uscita la notizia riguardante l’incredibile quantità di fitofarmaci venduti nel solo 2007 nel trevigiano (oltre 3mila tonnellate) e largamente usati nei vitigni del mitico Prosecco. http://www.ecceterra.org/docum.php?id=1809
I produttori dicono che sono medicinali innocui, ma da ciò che ho visto io quelli che trattano indossano tute e maschere impermeabili, segno che proprio innocui non saranno. Mele e vino ottenuti con la cosiddetta “agricoltura intensiva”, industriale direi, che usa il terreno locale per rivendere nel mondo. Due zone il trentino ed il trevigiano con dei territori ormai saturi della loro monocultura e che cercano nuovi spazi su cui espandersi possono trovare sfogo nel nostro territorio, il bellunese, dato che i terreni pare verrebbero via a buon prezzo. Già si è cominciato con un meleto di discrete proporzioni a Calliol, nella zona di Cesiomaggiore che sta lavorando in questi anni ad un progetto di agricoltura sostenibile quindi il concetto contrario, ed ora si sentono voci di vigneti e ulteriori meleti. La vile azione intimidatoria con il taglio di 1200 piante di melo proprio a Calliol, è la strada più sbagliata per combattere questi insediamenti e rischia di mettere in cattiva luce chi onestamente e civilmente si batte per la tutela del territorio. Mi auguro che le amministrazioni locali nell’insistere con la retorica della “specificità bellunese”, vogliano mantenere inalterata la qualità del territorio sostenendo come agricoltura quel modello Cesiomaggiore (Calliol a parte) con i fatti ed estendendolo alle altre realtà vicine magari creando un bel distretto agricolo del biologico o quasi. La lezione dalla Val di Non è significativa, chi governa il territorio ne deve tener conto, la vivibilità e la salute sono beni essenziali che non si barattano solo per mettere il marchio famoso di fianco al nome della Provincia o del Comune senza che ci sia un particolare ritorno per i cittadini.
Ivan Sovilla

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