“Cortina InConTra” ha ospitato quest’oggi (17 agosto) un evento intitolato “C’era una volta la peggio gioventù”. Sul palco, insieme all’editorialista Angelo Mellone, Giampiero Mughini, direttore responsabile negli anni ’70 del giornale di Lotta Continua e autore del libro “Gli anni della peggio gioventù. L’omicidio Calabresi e la tragedia di una generazione”, e Marco Boato, saggista, esponente dei Verdi, già leader di Lotta Continua. È stata l’occasione per riportare all’attenzione del pubblico uno dei periodi più neri della storia recente italiana: l’omicidio del commissario Calabresi, avvenuto a Milano il 17 maggio 1972, aprì la stagione del terrorismo e degli “anni di piombo”. Giampiero Mughini ha sottolineato come “se fossi stato il giudice avrei assolto Adriano Sofri per insufficienza di prove. Ora non posso che sperare che gli venga concessa la grazia, anche se lui non l’ha mai chiesta”. E del resto, in un’intervista al Corriere della Sera del 15 maggio 2009 Mughini aveva detto che «Sofri sapeva dell’azione contro Calabresi, ma non ne era stato il responsabile, non era stato quello che l’aveva decisa e ordinata». Eppure si addossa tutta intera la storia della sua organizzazione, al punto da definire «non malvagi» e anzi «mossi dallo sdegno e dalla commozione per le vittime» gli autori dell’omicidio Calabresi. Deduce Mughini che «se uno spende parole talmente impegnative nei confronti di chi uccise Calabresi, vuol dire che li conosce per nome e cognome e curriculum». “Ma sono convinto – ha detto al PalaInfiniti – che Marino e Bompressi fossero lì la mattina del 17 maggio 1972”. L’omicidio Calabresi”, ha proseguito Mughini, “è stata la prima volta in cui qualcuno di noi, reputati buoni non si sa a quale titolo, ha dato la morte ad un personaggio. La nostra generazione ha vissuto di tre istantanee fondamentali: la morte di Kennedy, che ha significato la fine dei sogni, l’omicidio Calabresi, che ha significato l’inizio del terrorismo rosso, e l’omicidio Moro, che ha segnato la fine del brigatismo. Mi fa ridere chi pensa che in qualche modo Moretti possa aver messo sotto pressione o sotto scacco Moro, uno dei più grandi statisti di sempre”. “L’omicidio Calabresi”, ha concluso Mughini, “è nato dalle viscere più nere di Lotta Continua. Chi sostiene di non ricordare il momento in cui fu annunciata la morte del commissario sostiene il falso: tutti i membri di Lotta Continua lo ricordano perfettamente”. Marco Boato, che nella facoltà di Sociologia dell’Università di Trento fondò nel 1969 il gruppo comunista di Lotta Continua assieme a Sofri, Viale, Rostagno e Pietrostefani. E poi divenne un parlamentare della sinistra verde e garantista, ha invece voluto difendere il gruppo di cui faceva parte. “Quando ho saputo dell’omicidio Calabresi sono rimasto agghiacciato – ha detto – Ho pensato a una provocazione, non a un atto di Lotta Continua. Quest’ultima, come organizzazione politica, è completamente estranea all’omicidio di Giuseppe Calabresi. Stigmatizzare l’omicidio politico è sacrosanto, ma è sbagliato, come invece fa Mughini, stigmatizzare un’intera generazione. Dal canto mio, ho passato la mia intera vita ad evitare lo scontro politico”.