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domenica, Ottobre 6, 2024
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Arrigo Levi e Enzo Bettiza sul palco di Cortina InConTra

“I nostri soldati non sono in Afghanistan per divertirsi, ma per farsi ammazzare”!  L’ha detto Arrigo Levi, storico direttore de La Stampa,  sul palco di Cortina InConTra durante l’incontro del 6 agosto dal titolo “Il mondo che non c’è più”. Al quale ha partecipato anche Enzo Bettiza, che tra i tanti contributi offerti al panorama culturale italiano, ha anche fondato, insieme a Montanelli, il Giornale. Dopo un lungo discorso legato al libro presentato da Levi – “Un paese non basta” –, racconto autobiografico di una vita straordinaria, l’incontro si accende improvvisamente. Inizia Levi, sostenendo che “questa situazione di paura perdurerà in eterno, perché si potrà procedere al disarmo, ma non si potrà “disinventare” le
bombe atomiche. I grandi leader escono solo quando si prende coscienza della situazione di pericolo in cui si vive”.  È sempre Levi, interrogato da Enrico Cisnetto moderatore dell’incontro, a spiegare come le religioni non siano poi tanto diverse tra loro: “il mondo islamico non si esprime in modo molto diverso verso le altre religioni da come si è espresso per 1500 anni ha fatto il cristianesimo. Le stragi religiose non
sono una prerogativa degli islamici”. Prima dell’affondo finale di Levi, è Bettiza a chiarire la propria posizione: “il settore religioso ha un po’ incrinato il settore politico. Il sentimento religioso contiene sempre in sé qualcosa di assolutistico e di ‘escludente’ verso il prossimo e ha avvelenato il panorama politico. Per l’Occidente la resistenza ai pericoli è politica, è ideologico-religioso e, naturalmente, strategica e
militare. I dialoghi vanno bene, ma non possiamo essere solo degli angeli: siamo uomini minacciati da altri uomini. Non bisogna chiudere le fortezze di difesa. Siamo circondati da pericoli, non possiamo però proporre, come sta facendo Obama, la mano a tutti e poi se non viene stretta, tirare al proprio interlocutore un pugno in faccia”. Conclude Levi, riguardo al momento storico che stiamo vivendo, che “in
questo mondo globale non ci sono più distanze. L’Afghanistan è la nostra frontiera: abbiamo mandato i nostri soldati laggiù non per divertirsi ma per farsi ammazzare. Vi sono dei momenti storici in cui bisogna sacrificarsi. Viviamo sull’orlo di pericoli tremendi. È meglio agire prima, non aspettare che cada una bomba da qualche parte. Gli Stati Uniti non sono stati capaci di prevedere quanto sarebbe successo alle Torri
Gemelle e hanno quindi avuto una reazione, tardiva, decisamente eccessiva. L’Iraq non c’entrava nulla con gli attentati a New York”.

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