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Crisi Hydro ed Edim-Bosch: il Prefetto scrive a Roma. Sindacati all’attacco: «La proprietà ha fatto cassa finché ha potuto»

Stabilimento Hydro Feltre

Belluno, 23 dicembre 2025 – Il futuro industriale della provincia di Belluno è appeso a un filo, o meglio, a una nota formale inviata dal prefetto Antonello Roccoberton ai palazzi del Governo. Al centro della tempesta ci sono le vertenze Hydro ed Edim-Bosch, due realtà simbolo del territorio che rischiano di sparire, trascinando con sé oltre 200 posti di lavoro.

Nell’incontro svoltosi stamane a Belluno, il Prefetto ha espresso profonda preoccupazione per l’atteggiamento delle multinazionali coinvolte, confermando alle Rappresentanze Sindacali Unitarie (Rsu) e ai sindacati di aver già sollecitato il Mimit (Ministero delle Imprese e del Made in Italy). L’obiettivo è chiaro: convocare d’urgenza i tavoli di crisi nazionali per bloccare piani di dismissione che sembrano ormai imminenti.

L’affondo della Fiom: «Profitti senza investimenti»
Particolarmente duro l’intervento di Stefano Bona, segretario della Fiom Belluno, che ha descritto un modus operandi predatorio da parte delle proprietà straniere.

Per quanto riguarda la Hydro, il sindacato denuncia un paradosso: lo slogan aziendale recita “Cura, Coraggio e Collaborazione”, ma nei fatti lo stabilimento sarebbe fermo agli investimenti dei primi anni Dieci.

«Hanno sfruttato e fatto cassa finché hanno potuto — accusa Bona — per poi decidere di chiudere alla prima difficoltà, proprio come già accaduto a Bolzano e Fossanova. È una modalità d’azione simile a quella delle locuste: distruggono tutto ciò che trovano dopo averne eroso ogni linfa vitale».

Secondo la Fiom, i bilanci di Hydro non giustificherebbero affatto una chiusura, rendendo la scelta della multinazionale una decisione puramente strategica a discapito del territorio.

Il caso Edim-Bosch: una fabbrica «svuotata»
Non meno critica la situazione alla Edim-Bosch. Qui il sospetto dei sindacati è che l’acquisizione sia servita unicamente a garantire le forniture nel breve periodo, evitando penali milionarie, senza però alcuna visione di lungo termine. I numeri sembrano confermare il declino: da una forza lavoro di 160 dipendenti, lo stabilimento è stato progressivamente “svuotato” di commesse e personale, fino a trovarsi oggi senza clienti.

La richiesta che arriva dal tavolo della Prefettura è unanime: la priorità assoluta deve essere il mantenimento dei siti produttivi. La ricerca di eventuali nuovi acquirenti, per i sindacati, è un tema subordinato rispetto al no categorico alla chiusura.

«La provincia di Belluno non può rassegnarsi a perdere la propria anima manifatturiera», conclude Bona. Ora la palla passa al Governo: spetta a Roma convocare le multinazionali e pretendere risposte che vadano oltre il semplice disimpegno sociale.

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