«L’unità di misura per il tempo è facile: giorni, mesi, anni. Ma per misurare i 70 anni di Lattebusche risulta assai più facile e funzionale assaggiare i prodotti che quotidianamente escono dallo stabilimento, parlare con i soci che conferiscono il latte, guardare il successo di un intero territorio che si riconosce nel lavoro di questa cooperativa».
Lo dice il presidente della Provincia di Belluno, Roberto Padrin, intervenuto oggi a Cesiomaggiore per la celebrazione dei 70 anni di storia di Lattebusche, azienda nata come piccola cooperativa agricola nel 1954 e diventata oggi un colosso nella filiera lattiero-casearia, che nel 2023 ha registrato il miglior fatturato di sempre con un +2,6% sull’anno precedente.
«Quella che celebriamo oggi è davvero una storia di successo, e alcuni numeri lo testimoniano in maniera chiara e lampante: 1,4 milioni di quintali di latte lavorati all’anno, 3.600 quintali di latte al giorno, 313 soci e oltre 300 dipendenti; ma anche la capacità di stare sul mercato puntando sulla qualità della materia prima e dell’ambiente che la produce. Insomma, i 70 anni di Lattebusche raccontano di una piccola cooperativa diventata grande e che oggi è leader del settore. Una storia di successo che racconta anche un po’ del nostro territorio e della nostra gente. E che fa un gran bene anche alla nostra visione complessiva di un territorio di montagna» aggiunge il presidente Padrin. «Nelle terre alte non c’è niente di facile, niente di scontato. Vivere in pendenza è difficile, richiede sforzi e sacrifici. E lavorare in pendenza ne richiede ancora di più. Potremmo avere la propensione a piangerci addosso, a dire che siamo sfortunati. Ma è molto più soddisfacente, bello e soprattutto costruttivo rimboccarci le maniche – come sanno fare gli agricoltori di montagna – e capire che con il lavoro e la fatica si possono ottenere risultati brillanti. Come hanno fatto tutti coloro che in 70 anni hanno portato Lattebusche ai successi che celebriamo oggi. Che non vuol dire smettere di lavorare, smettere di faticare, smettere di fare sacrifici. Significa continuare, ma con la prospettiva di operare qualcosa di grande, su un solco già segnato e che poggia su solide basi. Le solide basi poi sono quelle della collaborazione, della cooperazione, del lavoro di squadra. Quelle per le quali ognuno fa il suo, sapendo che dà una mano anche agli altri. Quelle per le quali dal piccolo allevatore al manager – e non posso non citare Antonio Bortoli, da oltre mezzo secolo alla direzione aziendale – tutti lavorano con i medesimi obiettivi. Ed è questo l’esempio più grande che Lattebusche regala al nostro territorio di montagna, quello del fare rete».