All’erta sto! Dopo la Sardegna, il Friuli-Venezia Giulia e la Lombardia, è toccato anche al Veneto, assieme alla Valle d’Aosta, sperimentare il nuovo sistema nazionale di allarme diretto ai telefonini dei cittadini.
Un ottimo e più che opportuno strumento che deriva da una direttiva europea (dovremo farcene una ragione che spesso le buone innovazioni le dobbiamo all’Europa!) di un lustro orsono (Direttiva n. 1972 dell’11 dicembre 2018 del Parlamento Europeo e del Consiglio) e da provvedimenti del Presidente del Consiglio dei Ministri del 19 giugno 2020 e del 20 ottobre 2020 [Governo Conte 2] e da ultimo da un provvedimento dell’attuale Ministro della protezione civile del 7 febbraio.
La denominazione del sistema è IT-alert, semplice accattivante, efficace. Tuttavia a ben riflettere – e sempre a cercare il pelo nell’uovo – ci sarebbe da dire qualcosa sull’uso di un termine inglese (to alert) come se a noi italiani ne mancasse uno appropriato. Una veloce ricerca online (sulla rete digitale) ci consente di apprendere dall’Accademia della Crusca che l’uso di allerta è attestato fin dal 1536 (Pietro Aretino), e che da questo vocabolo derivano i termini, di particolare uso militare, francesi (allerter, Stendhal, 1836) e inglesi (to alert, 1868). Quindi ci poteva anche stare un “IT-allerta”, con appena una consonante e una vocale in più.
E stupisce che questo Governo ci sia passato sopra senza neppure far caso ad una recentissima proposta di legge per la tutela e l’uso della lingua italiana presentata da un autorevole esponente della sua stessa maggioranza: l’onorevole Rampelli, di Fratelli d’Italia, vicepresidente della Camera, non certo un inesperto debuttante trovandosi ora alla sua sesta legislatura. Il suo ddl 734 intende proprio proteggere la nostra lingua dalla crescente anglomania, ed è pure accompagnato da un disegno di legge costituzionale per rafforzare il sistema sanzionatorio già previsto nella prima proposta di legge.
Certo, quando Edmondo De Amicis scriveva “L’idioma gentile” non pensava a tali problemi e quel testo ha avuto solo un handicap: esser passato in secondo piano a causa del successo planetario di un’altra opera, per ragazzini, dell’autore. In suo onore, noi stiamo all’erta, Erta significa anche qualcosa di ripido, impervio, ma tant’é.
Marco Zanetti