Pubblichiamo le opinioni opposte di chi è contro la caccia per la difesa della fauna selvatica e di chi invece vuole una maggior libertà nel sopprimere lupi e orsi.
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Con un decreto del 13 giugno il Governo ha approvato un piano straordinario per la gestione ed il contenimento della fauna selvatica già molto provata dai continui eventi atmosferici estremi.
Il nostro governo ha così stracciato una legge che era in vigore da trent’anni per permettere di sparare anche dentro le zone protette. Questa vergogna tutta italiana, di cui l’Europa ha già chiesto conto, rende evidente che, nonostante i sedicenti esuberi sbandierati un giorno sì e l’altro anche su certa stampa complice, in realtà, fuori da queste, gli animali li hanno sterminati tutti. Restano quindi da assediare le zone protette e da produrre nuove immissioni come si fa con i cinghiali.
Si potrà sparare e braccare tutto l’ anno anche nei centri abitati e con ogni mezzo: reti, silenziatori tanto apprezzati dai bracconieri, archi ecc. ecc. Con la possibilità poi di commercializzare le carni: lo scrivo da sempre che nonostante la categoria dei cacciatori abbia l’abitudine di frignare sul fatto che ‘loro pagano per poter fucilare’. In realtà sborsano solo briciole, la caccia costituisce per costoro un’entrata extra non da poco sulla pelle dei nostri animali selvatici e sulla sicurezza degli stessi cittadini.
L’unico aspetto positivo di tanto, inimmaginabile, scempio ed orrore, consiste nel fatto che inevitabilmente ne scaturirà una nuova consapevolezza e anche coloro che fino ad ora si son bevuti la solfa propagandata dai media asserviti che la caccia servirebbe a regolare la natura, volenti o nolenti, scenderanno dal pero.
Tamara Panciera – Borgo Valbelluna Belluno
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Diametralmente opposta la posizione di allevatori e amministratori pubblici dell’Alpago, che lo scorso 3 luglio si sono trovati a Malè, in provincia di Trento, per discutere delle predazioni agli allevamenti di pecore da parte dei lupi e della presenza dell’orso in montagna.
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Una rappresentanza degli amministratori della Conca dell’Alpago ha incontrato nella giornata di lunedì 3 luglio gli amministratori della Val di Sole e il Presidente del Comitato “Insieme per Andrea Papi”, in un momento di confronto promosso in primis dall’Amministrazione Comunale di Chies al quale Alpago e Tambre hanno prontamente aderito. Erano presenti infatti il Sindaco di Chies d’Alpago, Gianluca Dal Borgo, per Tambre, il Sindaco Sara Bona e il vicesindaco Ueli Costa, il consigliere Riccardo Sitran per il Comune di Alpago e la Comunanza delle Regole dell’Alpago con il Presidente Franz Zanne. Per la parte trentina erano presenti il Presidente della Comunità della Val di Sole e sindaco di Rabbi Lorenzo Cicolini, il Sindaco di Dimaro Folgarida, Andrea Lazzaroni, la Sindaco di Ossana, Laura Marinelli e per Malè la Sindaco Barbara Cunaccia e il consigliere Massimo Baggia.
La trasferta in terra trentina è nata dalla preoccupazione che i Comuni dell’Alpago condividono rispetto al tema della presenza dei grandi predatori nel territorio – il lupo per quanto riguarda la Conca e i continui attacchi che le greggi stanno subendo da 4 anni a questa parte con un’intensificazione pesante nel corso dell’ultimo anno.
In Val di Sole, a Caldes, caso purtroppo ben noto dalla cronaca, si è consumata la morte di Andrea Papi a causa dell’incontro fatale con un orso. In quelle terre è nato un comitato, alla cui guida c’è Pierantonio Cristoforetti, ex sindaco di Malè, ora impegnato con determinazione e concretezza sul fronte della difesa della vita in montagna.
Questo tema si può dire che sia stato il filo conduttore dell’incontro: pur appartenendo a territori diversi i punti in comune emersi durante il confronto sono stati veramente molti. La presenza dei grandi predatori, in Val di Sole l’orso e in terra alpagota il lupo, rappresenta purtroppo una concreta, tangibile minaccia al delicato, fragile equilibrio che ancora lega l’uomo alla sua presenza nelle terre più alte.
La Val di Sole di recente è stata segnata dal terribile episodio che ha coinvolto Andrea Papi, ma da anni gli abitanti denunciano una presenza dell’orso ormai incontenibile: dal 1996 – anno in cui vi è stata la reintroduzione del plantigrade con il progetto europeo Life Ursus gli esemplari, che inizialmente dovevano riprodursi in modo controllato, si sono invece riprodotti in metà del tempo previsto arrivando alla cifra – stimata – oggi di 110 esemplari. Anche se secondo chi abita le valli sono molti, molti di più. Le aggressioni all’uomo negli ultimi anni sono state ben 7 e l’orso ormai vaga incontrastato tra i cassonetti dei rifiuti, negli allevamenti di api, si avvicinano alle malghe e ai centri, abitati non solo dai residenti, ma anche dalle migliaia di turisti che frequentano la Val di Sole proprio per il suo territorio, le escursioni, la possibilità di stare nella natura. Una possibilità che sembra davvero molto compromessa. Un esempio: i volontari che di norma curavano la manutenzione dei sentieri si rifiutano di farlo per paura di incontrare l’orso nei boschi. Il progetto prevedeva anche delle squadre speciali per il controllo dell’orso, ma non sono mai entrate veramente in azione, limitandosi a monitorare una una minima collarizzazione. Ad ogni modo la situazione sembra chiaramente sfuggita al controllo e la morte di Andrea Papi ne è il drammatico simbolo.
Il confronto con l’Alpago è presto fatto. Il lupo – come l’orso – è una specie che gode della protezione prevista dalla Direttiva Europea Habitat del 1992. Il Decreto del 13 giugno del Ministero dell’Ambiente relativo all’adozione di un Piano straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica che – in deroga alla direttiva – ha aperto al contenimento di alcune specie a causa delle pesanti ricadute che la loro presenza determina (si pensi ad esempio ai cinghiali), nulla può rispetto al lupo e all’orso, due specie inserite nell’allegato IV che richiede per esse una “protezione rigorosa”. Anche per il lupo, come per l’orso è attivo un progetto europeo Life WolfAlps Eu che ha preso avvio nel 2019 e prevede “azioni coordinate per migliorare la coesistenza fra lupo e attività umane a livello di popolazione alpina”. Ciò dimostra come la presenza del lupo nei territori alpini abbia suscitato l’esigenza di un intervento europeo di mitigazione degli effetti del ritorno del carnivoro, dopo oltre 100 anni dalla sua scomparsa. Tuttavia per l’Alpago la situazione sta rapidamente degenerando: in poco più di 4 anni vi sono state infatti 650 predazioni ad opera del lupo e nell’ultimo anno gli attacchi sono praticamente quotidiani, tanto che alcuni allevatori sono costretti a sorvegliare le greggi anche di notte. Per non parlare di chi ha deciso di vendere gli animali e di chiudere l’attività. Le misure antilupo (recinti elettrificati, cani da guardiania) per essere efficaci devono essere applicate in modo rigoroso, ma non tutti gli allevatori – per numero di capi e per la tipologia di pastorizia nomade che si pratica in Alpago – riescono a difendersi. Di recente un lupo si è avvicinato al centro abitato di Lavina (frazione di Tambre), arrivando ad una distanza molto ravvicinata con un’abitante e i suoi cani da compagnia. I lupi “confidenti”, ovvero che perdono il naturale timore di avvicinarsi all’uomo rappresentano un aspetto del fenomeno ancora più preoccupante. In altri paesi europei – ad esempio la Svizzera la normativa consente il controllo soprattutto per arginare il fenomeno dei lupi confidenti. La preoccupazione è che la pecora pagota, specie di recente recuperata dall’estinzione certa e insignita come presidio Slow Food, possa tornare a sparire e con essa una parte importante dell’economia montana che vive sull’allevamento di questa razza considerata pregiata.
Dopo aver esposto le reciproche situazioni di emergenza i sindaci si sono confrontati sugli strumenti e le reali possibilità in mano agli amministratori per intervenire a difesa della popolazione e degli allevamenti. Pur di fronte a due situazioni amministrative diverse (Provincia Autonoma da una parte e Regione a statuto ordinario dall’altra) si è dovuto constatare con amarezza che non vi sono in realtà dei veri e propri atti o provvedimenti che i sindaci possano mettere in campo proprio per il fatto che la protezione accordata a lupo e orso è tra le più elevate e – a parte qualche misura di dissuasione, spesso anche queste negate in passato – non è possibile attuare altri interventi di controllo. In Val di Sole l’esasperazione dei cittadini e dei loro sindaci, a cui si appellano, ha portato a ipotizzare iniziative e strumenti da mettere in campo: ordinanze, referendum, ordini del giorno di consigli, mozioni. Tuttavia nessuno di questi strumenti permette di agire in modo incisivo, neppure quando il fenomeno diventa una questione di pubblica sicurezza (come per gli attacchi all’uomo). La direzione verso cui puntare si è intravista quindi a partire dalla massima condivisione, tra tutte le comunità alpine, delle problematiche che il ritorno dei grandi predatori sta producendo, soprattutto dove il loro soprannumero ha di fatto disequilibrato il rapporto tra la loro presenza e le attività umane. I Sindaci convengono che il tema di fondo è la protezione delle specie, non dei singoli esemplari. Questo vuol dire che nessuno degli amministratori invoca l’abbattimento, ma è indispensabile governare il fenomeno per fare in modo che, oltre ai carnivori, la tutela coinvolga anche la vita dell’uomo in montagna – di per sé già gravata dalla minaccia dello spopolamento, eppure impegnata nella cura di un territorio che se lasciato a sé stesso potrebbe rappresentare una fonte di rischio non solo per gli ecosistemi delle terre alte, ma anche per i fondovalle.
Proprio il tema della condivisione ha portato il tavolo di confronto ad approfondire un documento illustrato dal Presidente del Comitato Cristoforetti e i cui contenuti sono condivisibilissimi riassumendo in 5 semplici punti il grido di allarme dei territori dell’arco alpino. Il documento ha visto la luce a Chiavenna che nel giugno scorso si è autodichiarata “capitale delle Alpi” per l’impegno degli amministratori locali sul tema dei grandi predatori. Decine di sindaci, anche dalla vicina Svizzera, insieme a rappresentanti regionali e europarlamentari hanno lavorato ad un manifesto di impegno che in 5 punti chiede in sostanza “di aggiornare i numeri dei censimenti alla realtà dei fatti per poi procedere ad una revisione normativa che consenta di gestire con determinazione un problema che sta sfuggendo di mano”. Riassumendo i contenuti del documenti si esprime dapprima la preoccupazione e la paura della popolazione per la presenza dei grandi predatori che si avvicinano sempre di più ai centri abitati; nel secondo punto si esprime la vicinanza alle attività agricole e zootecniche (professionisti e non) richiamando il valore del loro lavoro come presidio della vita in montagna e tutela della biodiversità; il terzo punto riguarda appunto la richiesta alle autorità competenti di prendere atto del numero dei predatori e di revisionare le normative in modo da consentire una gestione graduale del fenomeno prima che possa sfuggire completamente di mano; il quarto punto richiama il rispetto delle tradizioni secolari dei territori montani dove la presenza dell’uomo e delle sue attività deve essere tutelata; infine ci si propone un confronto e un coordinamento di tutte la realtà dell’arco alpino vicine alle problematiche degli effetti relativi alla presenza dei grandi predatori.
L’incontro si è chiuso proprio con l’impegno degli amministratori presenti di fare proprio, diffondere e condividere il documento per fare fronte comune ad una problematica rispetto alla quale è ormai drammaticamente necessario agire con urgenza e determinazione.
La voce degli amministratori:
Lorenzo Cicolini, Sindaco di Rabbi e presidente Comunità di Val di Sole
Stiamo vivendo veramente momenti difficili con le persone del posto che hanno paura di andare fuori di casa, hanno paura a vivere la montagna, a percorrere le strade e i sentieri di montagna. Sentieri e strade di montagna costruite nei tempi antichi, che fanno parte del nostro patrimonio culturale, fanno parte del nostro vivere comune. Lo diciamo sempre: il bosco è casa nostra.
Lo spopolamento della montagna sarebbe chiaramente un fatto inaccettabile e gravissimo dal punto di vista culturale, sociale, ambientale. Ma creerebbe grandissimi danni anche alla città, perché la gente di montagna è a presidio del territorio. Il presidio del territorio montano è fondamentale per quello che riguarda anche i fenomeni dal punto di vista idrogeologico e la recente alluvione dell’Emilia Romagna ci insegna questo. La montagna abbandonata causa grandissimi danni anche nella parte di pianura.
Abbiamo problemi comuni e ricerchiamo soluzioni comuni. La collaborazione fra i territori di montagna mira soprattutto a sensibilizzare la politica regionale, nazionale ed europea. Ma soprattutto nazionale, per renderla sensibile a queste problematicità e fare massa critica affinché il territorio venga ascoltato e si prenda finalmente in mano, non dal punto di vista ideologico ma dal punto di vista scientifico, il problema della diffusione di lupi e orsi.
Pierantonio Cristoforetti, presidente Comitato “Insieme per Andrea Papi”
Abbiamo sostanzialmente tre grandi obiettivi. Il primo è quello di aiutare moralmente ed anche economicamente la famiglia Papi, anche perché si è costituita parte civile, anche penale, per poter risolvere la questione e perché sia fatta giustizia per Andrea Papi.
Il secondo obiettivo è quello di renderci disponibili come Comitato, e per questo abbiamo iniziato anche una raccolta fondi, per tutti i portatori di interesse che si sentissero lesi nei loro diritti fondamentali.
Parlo di chi ha proprietà sui nostri boschi, parlo delle ASUC, delle Regole, e di chiunque avesse dei diritti comunque nei nostri territori, che non sono di tutti ma sono proprietà collettive.
L’altro grande obiettivo del comitato è quello di una revisione totale del progetto Life Ursus, adesso progetto in gestione alla Provincia Autonoma di Trento.
Oltre che la revisione di questo progetto, vogliamo anche delle garanzie per la gente che vive in montagna. Garanzie di sicurezza, di possibilità di usare i propri territori come da usi, costumi, tradizioni e fatti legislativi che risalgono ancora prima della nascita delle Nazioni e degli Stati.
Alberto Peterle, Sindaco di Alpago e presidente Unione Montana Alpago
Quello del lupo è un problema grave, profondo, molto di più di una semplice lamentela. L’arrivo del lupo porta a buttare via una storia fatta di lavoro, sacrifici, impegno. Rovina sia quanto fatto nei decenni passati, sia la prospettiva per i decenni futuri. Il primo pensiero va ovviamente al lavoro degli allevatori, da chi lo fa di professione agli hobbisti. È immancabile la nostra vicinanza a loro e l’impegno a portare la loro voce nelle sedi politico-istituzionali.
Negli ultimi 20 anni sono state investite molte energie e somme rilevanti, sia con fondi locali, sia con fondi comunitari, per l’Agnello dell’Alpago. Con l’allora Comunità Montana dell’Alpago abbiamo lavorato con la Misura 16, con i bandi del GAL Prealpi e Dolomiti e con altri strumenti, spendendo soldi pubblici e mettendoci tanto lavoro. Abbiamo supportato gli operatori locali nella mappatura delle greggi, nei progetti di rafforzamento della razza, nello sviluppo della triplice funzione (cioè latte, lana, carne). Che tutto questo lavoro venga buttato via in un attimo perché chi dovrebbe gestire il lupo non fa il proprio dovere è davvero inaccettabile.
Sara Bona, Sindaco di Tambre
Purtroppo la “convivenza” a cui spesso si fa riferimento anche all’interno delle normative o tra gli obiettivi dei progetti non è facile da attuare. Penso per esempio alla presenza dei cani da guardiania che in qualche caso vengono percepiti come una minaccia alla sicurezza di chi fa passeggiate ed escursioni.
I nostri allevatori devono poter continuare a lavorare in sicurezza, tuttavia il potenziamento delle misure di protezione (soprattutto l’introduzione dei cani) sta creando tensioni tra la popolazione. Questo non va bene, negli anni passati la presenza delle greggi era vista come un fattore di cura del territorio e un’importante azione di contrasto all’abbandono della montagna.
La tenuta sociale dei nostri paesi si basa anche su questi delicati equilibri tra attività economiche, residenti, turisti. Serve un’azione più forte di controllo sulla presenza dei predatori che riporti la situazione in equilibrio.
Gianluca Dal Borgo, Sindaco di Chies d’Alpago
Siamo profondamente convinti che le Amministrazioni e gli Enti, a tutti i livelli, debbano cooperare nel sostenere uno sviluppo sostenibile ambientale, sociale ed economico. Purtroppo tutto questo sembra pesantemente minato in questo momento da ideologie razziste che poco hanno a che fare con la realtà oggettiva, i principi del diritto e con il buon senso.
Nessun particolare coro si è alzato contro l’abbattimento a vista dei cinghiali che invadono le città, ma guai toccare un dito orsi e lupi, figurarsi con pallottole di gomma, dal momento che a essere minata è l’esistenza di quattro poveri montanari. Questo è quanto abbiamo percepito come amministratori locali in questi anni di continua denuncia inascoltata di una situazione insostenibile. Unendo le voci della montagna, speriamo che il numero possa più delle tante relazioni e dei dati portati ai tavoli delle istituzioni che avrebbero da tempo dovuto agire.