
Belluno, 6 giugno 2023 – Un riconoscimento, sia pur tardivo e colpevole della città di Belluno, al compianto Bartolomeo Zanenga. E’ la richiesta formulata all’unisono questa sera da Francesco Demattè, Renzo Poloni e Sante Rossetto, relatori del convegno per i 30 anni dalla morte di Zanenga, che si è tenuto a Belluno in sala conferenze della Luiss Business School di Palazzo Bembo. La Sollecitazione è stata prontamente raccolta dall’assessore alla Cultura Addamiano che ha auspicato che “si possa sanare la ferita attraverso un nuovo clima politico, che vada oltre gli steccati”. Ha moderato la serata Raffaele Addamiano, assessore alla Cultura del Comune di Belluno. Con la partecipazione dell’attrice Anna Olivier per le letture dei testi di Bartolomeo Zanenga.
Il professor Demattè è intervenuto su “L’esistenza come dovere. Pensiero e azione nelle opere e i giorni di Bartolomeo Zanenga”, con un parallelo tra l’operosità di Zanenga e il messaggio contenuto nel poema “Le opere e i giorni” di Esiodo, poeta greco della metà dell’VIII secolo a.C. – VII secolo a.C. laddove esaltava il lavoro inteso come impegno civile, riscatto dell’uomo, vivere secondo giustizia. “Sono queste – ha detto Demattè – le caratteristiche di Bartolomeo Zanenga e della sua poliedrica attività. E’ stato un soldato, un politico, un uomo delle istituzioni, giornalista, storico, insegnante, uomo di cultura che ha ricoperto vari ruoli tra cui la direzione dell’Archivio storico. Il filo rosso che collega tutte queste sue molteplici attività, è il lavoro nell’accezione di Esiodo”. Demattè ha proseguito citando il discorso agli italiani del 1943 di Giovanni Gentile, ritornando sul concetto del lavoro. Ma puntando il dito con quelli che Gentile chiamava i prudenti, “che in determinate circostanze sono dei disertori, che con dei sofismi si sottraggono ai loro impegni”! “Prudenti – ha concluso Demattè – sono quelli che hanno negato a Bartolomeo Zanenga un riconoscimento”.
Renzo Poloni ha parlato dell’agire di Bartolomeo Zanenga nella e per la società bellunese. Da sindaco di Sospirolo Poloni ebbe modo di apprezzare direttamente le competenze di Zanenga nel convegno del 1992 per i duecento anni dalla nascita di Girolamo Segato, “L’illustre sospirolese, anche lui dimenticato”, ha parlato di Zanenga come “un uomo colto, un uomo buono, con una vita avventurosa per le tantissime cose che ha fatto”. Anche Poloni, il cui credo politico è diametralmente opposto a quello di Zanenga, ma animato da una comune passione per la politica, ha auspicato che Belluno si ricordi dell’uomo Zanenga. Nel suo intervento arricchito con aneddoti personali, Poloni ha tracciato il profilo di Zanenga ripercorrendo l’articolata vita professionale, il suo impegno politico da consigliere comunale a Belluno nel ’51, nel ’56 e nel 1988 “Fu il primo consigliere del Movimento Sociale Italiano e anche l’ultimo”. Poloni ha ricordato in particolare due punti della corposa attività di Zanenga. Il suo impegno nel mondo della scuola che si tradusse anche nella formazione di un disegno di legge di riforma negli anni ’80 sostenuto anche da altri partiti. E il suo disegno autonomista di una Regione Dolomitica. Un’idea forse prematura che lui sostenne. “Si trattò di un primo nobile tentativo – racconta Poloni – di affrontare le difficoltà irrisolte di un territorio schiacciato tra le autonomie. Un tema sostenuto da una destra colta, coerente e disinteressata”. “Bartolomeo Zanenga – ha concluso Poloni – è stato condannato da una damnatio memoriae (la pena contemplata nel diritto romano che consisteva nel cancellare una persona, ndr) e all’ostracismo per le sue idee. Molte voci si levano a chiedere un riconoscimento, sia pur con colpevole ritardo, che possa saldare il debito “.
Sante Rossetto, già capocronista del Gazzettino di Belluno, ha illustrato la figura di Bartolomeo Zanenga tra cultura, giornalismo e editoria. Ha posto l’accento sulla bellunesità di Zanenga, che per tutta la vita si è dedicato allo studio degli autori bellunesi. “Studiò dapprima il poeta Bartolomeo Cavassico (secc. XV-XVI), Pierio Valeriano umanista di valore anche nel panorama italiano. Valorizzò gli autori dialettali settecenteschi Valerio Da Pos e Barba Sep dal Piai (il Coraulo) autore di una “Gerosalem liberada”. Scrisse saggi su Ottavio Persicini, Camillo Boito, Alberto Alpago Novello, Giampietro Talamini, Giovanni Fabbiani, Giovanni Angelini, Giuseppe Biasuz, Aristide Gabelli, Ferdinando Tamis, Gino Rocca noto commediografo e direttore del Gazzettino legato al mondo feltrino sepolto a Fonzaso; e ancora il pittore Ippolito Caffi, per finire con l’intervento su Pierina Boranga a cent’anni dalla morte e, nel 1992, la relazione su Girolamo Segato nel convegno su questo originale personaggio. Si occupò anche delle “Cronache bellunesi” di Maresio Bazolle, del lavoro degli zattieri. Non c’è stato angolo, insomma, di quella bellunesità di cui era innamorato che non abbia scandagliato. Lo dimostrano le 371 recensioni stilate per il suo amato “Archivio storico di Belluno, Feltre e Cadore” di cui fu oltre che collaboratore vicedirettore dal 1972 al 1983 e da quell’anno direttore fino al 1993. Tra i non molti riconoscimenti che gli furono tributati andava orgoglioso di essere stato eletto socio della Deputazione di Storia Patria delle Venezie. Sempre in campo culturale è doveroso ricordare che fu anche editore, pur se di due sole opere entrambe bellunesi del Coraulo e del Valeriano, con l’insegna “Casteldardo”. Giornalista fin dal 1942 scrisse per il periodico “Dolomiti. Settimanale del fascismo bellunese”, rivista su cui, sotto la testata “Dolomiti,/Dolomiten/Dolomites” e con lo pseudonimo di Romano Dalla Valle, continuò a scrivere concluso il conflitto che lo vide combattente nel reparto paracadutisti. E’ stato capo dell’ufficio stampa delle olimpiadi del 1956 a Cortina e successivamente corrispondente del Gazzettino di Belluno e, in seguito, della Gazzetta delle Dolomiti. È stato anche vicedirettore del periodico “Il Candido” di Giorgio Pisanò. Si occupò anche di gastronomia con alcuni lavori di sapore popolare come “Elogio della polenta”, “Połenta e tocio” e “S’cius co la capa”. Raccolse, inoltre, i proverbi e detti popolari nel dialetto bellunese. Lavorò come apprezzato e rispettato docente al liceo di Belluno”. Anche Sante Rossetto, come gli altri relatori, chiede l’intitolazione di un luogo di Belluno a nome di Zanenga.
Anna Olivier ha intervallato gli interventi con la lettura di alcuni brani scritti da Bartolomeo Zanenga. Al termine è intervenuta la figlia di Bartolomeo Zanenga, Fiammetta che ha ricordato l’assoluta dedizione del padre per la sua Belluno.
(rdn)