In particolare, La Cassazione ha deciso di equiparare la diffamazione commessa nel mondo virtuale, a quella aggravata perchè a mezzo stampa.
Richiamando la propria precedente giurisprudenza sulla possibilità di diffamazione via internet, la Corte ha precisato che l’aggravante rileva «nella potenzialità, nella idoneità e nella capacità del mezzo utilizzato per la consumazione del reato a coinvolgere e raggiungere una pluralità di persone (…) con ciò cagionando un maggiore e più diffuso danno alla persona offesa».
Si tratta, invero, di una statuizione di notevole rilievo pratico: la pena per la fattispecie aggravata, difatti, è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore ad euro 516.
La decisione, peraltro, si segnala poichè in controtendenza rispetto alle attuali discussioni sull’eliminazione della pena carceraria per la diffamazione a mezzo stampa.
Epperò, nella sua attuale lettera, l’art. 595 c.p. riferisce di «qualsiasi altro mezzo di pubblicità», pertanto la Corte ha ritenuto che la rete di amicizie di Facebook abbia potenzialmente la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone e di amplificare l’offesa in ambiti sociali allargati e concentrici.
Peraltro, la giurisprudenza nel tempo aveva già fatto rientrare, ad esempio, nell’ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi del comma terzo dell’art.595 c.p. il pubblico comizio, l’utilizzo, al fine di inviare un messaggio, della posta elettronica secondo le modalità del forward e cioè verso una pluralità di destinatari, trattandosi di mezzi anch’essi idonei a provocare un’ampia ed indiscriminata diffusione della notizia tra un numero indeterminato di persone.
Giovanni Tartaglia Polcini
(fonte: Il Quotidiano della PA.it vedi anche a fondo pagina di Bellunopress)