
Domani, sabato 21 febbraio alle ore 17,30 al teatro del Centro congressi Giovanni 23mo di Belluno, organizzata dall’Associazione Liberal Belluno, si terrà la conferenza dal titolo “Corruzione, scandali sessuali e lotte di potere nel Ventennio fascista” con relatore Giovanni Fasanella, giornalista e saggista, autore di libri sulla storia segreta italiana.
Abbiamo contattato l’autore, che ci ha rilasciato l’intervista che segue.
Nella primavera del 2011 ha iniziato le ricerche al National Archives di Kew Gardends Londra nella contea del Surrey. Tra i 3 milioni di fascicoli hai trovato quello del Duce con migliaia di documenti. Allora è vero che per studiare la storia dell’Italia dobbiamo cercare negli archivi desecretati degli altri stati?
Intanto, devo dire che è stato fondamentale il contributo di un bravissimo ricercatore, esperto proprio di archivi americani e britannici, Mario Josè Cereghino, che è anche coautore del libro. Prima delle “carte segrete del Duce”, tra l’altro, ho scritto con lui un altro libro basato sui documenti di Kew Gardens, Il golpe inglese, in cui si racconta del condizionamento esercitato dal governo di Londra sulla politica italiana a partire almeno dal delitto Matteotti sino all’assassinio di Enrico Mattei e di Aldo Moro. Certo, per capire che cosa è accaduto in Italia dobbiamo cercare anche all’estero. Soprattutto all’estero. Per due ragioni molto semplici e complicate al tempo stesso. La prima è che in Italia la durata del segreto di Stato, a differenza di altri paesi democratici come gli Usa o la Gran Bretagna, era di fatto eterna fino a qualche anno fa, quando con la nuova riforma dei Servizi, si è stabilito un termine entro il quale declassificare i documenti coperti dal segreto. Ma quella riforma è rimasta di fatto sulla carta, nonostante i pomposi annunci del primo ministro Renzi sulla desecretazione dei documenti relativi alle stragi e al caso Moro. In realtà, molte carte importanti nel frattempo sono già scomparse o difficilmente reperibili e consultabili. Chiunque frequenti un archivio italiano sa che spesso, per trovare un documento, si è costretti a muoversi in un vero e proprio labirinto. La seconda ragione è che, come dicevo prima, essendo stato molto forte il condizionamento straniero, per capire le nostre vicende interne, occorre ricostruire anche i contesti internazionali: la guerra fredda tra comunismo e l’anticomunismo, la guerra mediterranea per il petrolio, il conflitto arabo-israeliano. Tutte guerre, spesso combattute segretamente, con pesanti ricadute sulla politica interna italiana.
Nel suo libro “I tesori del Surrey” racconti delle alcove dei potenti, denaro, sesso e champagne durante il Ventennio fascista. A differenza di oggi che tutto finisce nei giornali e nel web, allora potevano davvero fare ciò che volevano, certi del bavaglio alla stampa?
Certo. La mancanza di libertà di stampa e di pensiero, e quindi l’assenza di una opinione pubblica che non fosse quella formata dal regime, consentiva ai gerarchi di fare tutto quello che volevano. Non c’era neppure un’opposizione politica, e quindi il potere, pressoché assoluto, privo di qualsiasi forma di controllo e di bilanciamento, degenerò. A dispetto della retorica del fascismo che tendeva a dare un’immagine falsa del regime. Del tutto falsa, come dimostrano i documenti pubblicati nel libro: Mussolini per primo sapeva che la realtà era ben diversa da quella narrata dalla propaganda ufficiale.
Nel materiale che ha esaminato ha trovato documenti che trattano dell’incontro di Feltre (in realtà a Villa Gaggia) del luglio 1943 Hitler e Mussolini e il progetto dell’attentato che non ci fu?
No. Non abbiamo trovato nulla su quell’incontro e su quel progetto di attentato.
Nel suo precedente libro fondato su documenti desecretati c’è il resoconto del dialogo tra Winston Churchill e monsignor William Godfrey, delegato apostolico a Londra, datato 7 novembre 1945. Il premier inglese afferma che l’Italia non potrà avere un regime politico pienamente democratico (il Pci non avrebbe potuto andare al governo. C’erano i reparti Gladio pronti ad intervenire) né una propria politica estera ed energetica autonoma.E neppure una politica propria della sicurezza. Tant’è che i vertici delle Forze armate risponderanno alla Gran Bretagna e alla catena di comando del Patto Atlantico. L’introduzione dell’euro, a suo parere, è la prosecuzione di quel trattato per limitare la sovranità nazionale?
No, questo non lo penso. L’euro, la moneta unica europea, è una tappa importante verso l’unificazione, una necessità storica. C’è però un problema con il quale dobbiamo fare i conti: il processo di unificazione non segue sempre un percorso lineare e condivisibile. Le tecnocrazie finanziarie, poteri irresponsabili perché privi di legittimazione popolare, tendono infatti ad esercitare un condizionamento sui governi e sugli stati nazionali. Insomma, dobbiamo passare dall’Europa della Finanza a quella della politica, dove a decidere non siano le troike, ma il governo scelto dagli elettori europei.
(Roberto De Nart)