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Venezia Giulia, terra di frontiera: cinque dominazioni in 50 anni. Ai grandi incontri di Liberal Belluno il racconto di Enrico Cernigoi e Roberto Volpetti

Cinque dominazioni in cinquant’anni, dal 1900 al 1950. E’ la Venezia-Giulia, che rimase sotto l’impero austo-ungarico fino al 1918, poi territorio italiano fino al 1943, cadde sotto la dominazione tedesca fino al ’45, eppoi inglese fino al ’47, per poi ritornare italiana.

liberal cernigoi volpetti tosoliniL’hanno raccontato sabato sera, 13 dicembre, al teatro del centro Giovanni 23mo Enrico Cernigoi, docente e ricercatore di Storia con dottorato di ricerca PHD all’Università di Portsmouth (Gran Bretagna) e Roberto Volpetti, vicepresidente dell’Associazione nazionale partigiani Osoppo-Friuli, nell’incontro dal titolo “Passioni, scelte politiche e fede nazionale ai confini orientali d’ Italia” organizzato dall’Associazione Liberal Belluno presieduto da Rosalba Schenal, e moderato da Franco Tosolini, ricercatore storico.

“Trieste era una città borghese e operosa – spiega il professor Cernigoi – , la monarchia asburgica, cattolica fino all’esasperazione, aveva il consenso del popolo. Nei cantieri attecchì l’austro-marxismo, leale nei confronti dello stato in senso progressista. C’erano sloveni, italiani e austriaci insieme. Quando arriva, il fascismo vuole italianizzare il territorio, e così la violenza del regime si abbatte sugli sloveni. Non vengono concessi loro crediti, si cerca di strangolarli economicamente per costringerli alla vendita dei beni e quindi a lasciare i territori. Nel 1940, con l’entrata in guerra, i soldati italiani occupano la Slovenia, dove nasce la Resistenza (quella degli sloveni contro gli italiani invasori ndr) che si organizza con tre battaglioni addestrati alla guerriglia. Gli italiani controllano le città occupate, ma non le campagne, dove si rafforza la Resistenza. I partigiani sloveni si spostano verso il Carso e Monfalcone, dove solidarizzano con gli operai italiani. All’indomani dell’8 settembre 1943 con la caduta del fascismo, gli operai italiani vanno in aiuto dei partigiani sloveni, ma vengono massacrati dalle SS tedesche. Quegli italiani che aderirono alle brigate slovene – precisa Cernigoi – avevano visto la rivoluzione russa, poi i soprusi perpetrati dai fascisti agli sloveni. Erano indipendentisti, volevano creare un nuovo mondo, la Settima repubblica federativa (agganciata all’Unione sovietica di Stalin ndr).

Alla conferenza di Yalta (del 4 – 11 febbraio 1945) Stalin e Churchill si accordano di dividersi al 50% la Jugoslavia. Ma Tito non ha nessuna intenzione di rispettare tale accordo. Churchill intuisce quello che sta per accadere e invia subito la Divisione neozelandese per fermare gli appetiti di Tito. Successivamente arrivano anche gli americani che vi rimarranno fino al 1947. Con il Memorandum di Londra del 1954 la “Zona A” di Trieste passa definitivamente all’Italia in cambio degli aiuti del Piano Marshall alla Jugoslavia che rinuncia a tutte le rivendicazioni”.

Roberto Volpetti ha parlato della Divisione Osoppo, la formazione partigiana di circa 12mila uomini di area cattolica, socialista, laica, liberale, tra cui 25 bellunesi. Il vicepresidente dell’Associazione nazionale partigiani Osoppo-Friuli, ha ricordato in particolare due episodi. Quello di Cividale del Friuli, quando la città era occupata dalle truppe neozelandesi, dove il Reggimento degli alpini “Tagliamento” comandato dal colonnello Zuliani sarebbe stato destinato a morte certa, se non ci fosse stata una trattativa con i partigiani della Osoppo. “Gli alpini avevano combattuto a fianco dei fascisti contro i partigiani titini, ma non si erano macchiati di gesti efferati – spiega Volpetti – per questo motivo ci si accordò di farli sfilare con un fazzoletto verde insieme ai partigiani della Osoppo”. Volpetti ha ricordato anche l’eccidio di Malga Porzus, dove fra il 7 e il 18 febbraio 1945, diciassette partigiani della Brigata Osoppo vennero uccisi dai partigiani gappisti (G.A.P. Gruppi di azione patriottica) appartenenti al Partito Comunista Italiano. Gappisti erano anche quei partigiani che compirono l’attentato di via Rasella a Roma del 23 marzo 1944 contro una colonna del battaglione SS Bozen, cui seguì la rappresaglia delle Fosse Ardeatine con 335 vittime. “I partigiani della Ospoppo – spiega Volpetti – erano accusati dai gappisti di essere attendisti, e anche di collaborazionismo con il nemico, per questo decisero di eliminarli”.

“Ma stragi come quella di Porzus – ha precisato Cernigoi – ne accaddero 7 dal 1944 al ’45 nell’arco alpino dal Piemonte al Friuli”.

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