Siamo alle solite. Ricordate il Comune di Ponte nelle Alpi che due anni fa concesse a canone vantaggioso un proprio locale alle Poste purché mantenessero il servizio a Cadola?
Ricordate il Sindaco di Pieve d’Alpago che rinunciò al suo stipendio per non gravare sulle casse comunali?
Ed ecco la notizia che l’Agenzia delle Entrate apertamente “spinge” (non oso un termine più appropriato, pena…) il Comune di Pieve di Cadore a concedere i locali a titolo gratuito per avere la continuità del servizio. Altrimenti registrazioni contratti, codici fiscali, ecc…tutto a Belluno.
Ci risiamo: decine di migliaia di cittadini bellunesi del Cadore, fin in Comelico e Sappada, per il semplice fatto di abitare in territorio svantaggiato, rischiano di vedersi scippare ulteriori servizi che invece pagano lautamente con le proprie tasse. Che, fino a prova contraria, versano con pari aliquote degli altri cittadini italiani, che invece ne usufruiscono appieno.
Delle due l’una: o ci sgravano della percentuale di tasse riferibile a servizi non praticati, o ci danno la possibilità di gestirli autonomamente, in base a considerazioni dettate dalla nostra conoscenza del territorio e delle sue problematiche, che produrrebbero miglior servizi a più basso prezzo.
Tertium non datur, dicevano i Latini.
Ma si potrebbe allargare il discorso ai trasporti ferroviari, alla manutenzione stradale, alla direzione didattica,… fino al rischio chiusura ospedali; uno stillicidio di servizi che ci vediamo scippare sotto il naso.
Cosa ne pensano i nostri tre moschettieri a Venezia, il D’Artagnan romano e i tre Sindaci che li spalleggiano? E i baldi corazzieri a Roma?
Prima di accusare i nostri coraggiosi giovani di iperattivismo a favore dei referendum comunali, pensino alla loro paralisi istituzionale.
Ma credo che la verità prima o poi li affosserà.
Tomaso Pettazzi