Il decreto legge arriverà all’esame del primo Consiglio dei ministri di novembre; un decreto che ha respinto tante richieste di deroga, applicando le regole fissate con la legge sulla spending review:
le Province con meno di 350 mila abitanti (o meno di 2.500 chilometri quadrati) verranno accorpate a quelle più vicine. Dunque, le province scenderanno dalle attuali 86 a 50, comprese le 10 città metropolitane.
E viste le prossime elezioni politiche, il decreto avrà tempi brevi, molto brevi; a giugno 2013 tutte le Province saranno guidate da un commissario, che dovrà occuparsi del passaggio verso il nuovo regime. In precedenza si pensava che le Province potessero arrivare a scadenza naturale prima di essere accorpate, dunque il 2014. Ma così non sarà.
Da capire se il commissario sarà esterno o il presidente uscente della Provincia.
Più probabile la seconda ipotesi, anche perché nei limiti del possibile si andrà incontro alle richieste del territorio.
La Basilicata, ad esempio, avrà una sola Provincia ma vorrebbe spostarne la sede a Matera, lasciando a Potenza gli uffici regionali. Un quadro che potrebbe ripetersi anche in altre zone (vedi, ad esempio, la nuova Provincia di Modena e Reggio Emilia).
Credo che si continui a perdere tempo nell’ipotizzare tentativi di soppressione di un’ente locale piuttosto che un’altro è evidente che ci sia la necessità prioritaria ed impellente del risparmio, ma in assenza di un complessivo riordino che sappia guardare in modo oggettivamente fotografico le esigenze della gestione di popolo e territorio evitando inutili sovrapposizioni di competenze,
Il risparmio cercato potrebbe tramutarsi in aggravio di spese processuali generate dall’innescarsi delle resistenze campanilistiche.
Occorre un’analisi completa che stabilisca una logica di progetto che allo stato attuale il procedere a vista del Governo Monti non lascia nemmeno intravvedere, anzi sono evidenti notevoli contraddizioni, ad esempio da una parte si lasciano in essere comuni di 1.000 residenti in aree geografiche nel cui perimetro di circa 20 km ne gravitano almeno 10 con identiche caratteristiche, dall’altra si pone un limite minimo di popolazione per avere titolo di provincia mentre nessun limite per quanto riguarda le Regioni.
Regioni che in un riordino armonico andrebbero abolite e ad esempio trasformando il Senato (sulla cui inutilità delle attuali funzioni si è già ampiamente discusso) in Camera delle Regioni rendendolo finalmente virtuoso e operativo.
Verrebbero fatte salve le singole specificità e deleghe locali e quindi agirebbe in una visione certamente federale ma la stessa dovrà trovare le sue fondamenta sul principio dell’etica della reciprocità tenendo fermo e inviolabile il valore supremo dell’interesse Nazionale.
Occorre ridisegnare attraverso una fase neo costituente una rete di enti locali in grado di essere moderno ed efficace strumento di gestione delle risorse e sicuro punto di riferimento per il cittadino che merita risposte chiare ed esaurienti.
Lamberto Iacobelli – Responsabile nazionale enti locali Fiamma Tricolore