
“Marcinelle è stata una delle più grandi tragedie dell’emigrazione italiana, che coinvolse minatori partiti da tante parti d’Italia, dal Triveneto e dal Veneto. Rendere onore alla loro memoria nell’anniversario di quella carneficina è doveroso per non dimenticare l’epopea migratoria che portò tanti nostri concittadini a lavorare, sacrificarsi e, come in questo caso, a morire in tante parti del mondo”.
Con queste parole l’assessore regionale ai flussi migratori Daniele Stival ricorda il sacrificio di tanti emigrati italiani e veneti, che persero la vita nel disastro minerario di Marcinelle, nel 1956 in Belgio.
“Tra loro c’erano 3 nostri conterranei partiti dal trevigiano: Giuseppe Natale Poles di Cimadolmo, Mario Piccin di Codognè, Guerrino Casanova di Montebelluna. Oggi sono loro a simboleggiare i valori più alti di tutta l’emigrazione veneta: onestà, lavoro, impegno, spirito di sacrificio, fino a quello estremo. Oggi li ricordiamo con stima e riconoscenza, nella speranza che il loro insegnamento di vita, e fino alla morte, possa essere d’esempio anche per le nostre generazioni più giovani”.
Quell’8 agosto del 1956,quando a causa di una errata manovra dell’ascensore nel pozzo n.1 di Marcinelle (zona mineraria di Bois du Cazier in Belgio), si sviluppa un incendio che provoca la morte di 262 minatori. 136 erano italiani e tra di loro c’era anche Dino Della Vecchia di Sedico. Le operazioni di soccorso proseguono per 15 giorni, finché viene diramato l’annuncio in italiano: “Tutti cadaveri”. L’incendio avviene alle 8.30, a causa di un malinteso tra i manovratori di superficie e gli addetti ai carrelli. L’ascensore risale e urta una trave metallica che a sua volta spezza una tubatura di olio e dei cavi elettrici. Si sviluppa un incendio alimentato dalla dalla ventilazione forzata dell’aria, che fa bruciare tutte le strutture in legno. E’ l’inferno. Il pozzo n.1, in funzione dal 1930, aveva una sola via di entrata e una di uscita attraverso due ascensori. Un minatore che risale in superficie dà l’allarme. Un’ora dopo due lavoratori tentano di raggiungere i loro compagni attraverso un passaggio laterale, ma devono rinunciare. Quattro ore e mezza dopo viene allargato il tunnel e si cominciano a trovare i cadaveri. Dal pozzo n.1 usciranno vivi solo una decina di minatori. In Belgio, tra il 1946 e il 1957 emigrarono 140mila italiani che alloggiarono nelle baracche dei vecchi campi di concentramento della II Guerra mondiale. Questo flusso migratorio era il risultato dell’accordo del 23 giugno del 1946 che De Gasperi firmò con il ministro belga Van Hacker per garantire all’Italia l’approvvigionamento di carbone, in cambio dell’impegno di fornire mano d’opera per le miniere. Marcinelle è una delle tante tragedie dell’emigrazione italiana. Nel dicembre 1907 ci fu Monongah, negli Stati Uniti, dove persero la vita un migliaio di minatori in maggioranza italiani; nell’ottobre del 1913 Dawson (New Mexico) oltre 250 morti di cui 146 minatori italiani; il 30 agosto 1965 la valanga di ghiaccio durante la costruzione della diga di Mattmark, in Svizzera, dove morirono molti bellunesi. Ma l’Italia è un Paese dalla memoria corta. E a pochi riesce di vedere negli occhi dei sans papier dei barconi, gli stessi occhi smarriti dei nostri minatori.