
Sono tante le imprese bellunesi che in queste settimane di sono viste recapitare l’invito a fare business in Austria. A inviare queste missive è l’EAK-Entwicklungsagentur Kärnten GmbH, ossia la società del governo regionale della Carinzia che opera come Centro per l’Innovazione e la Tecnologia e che gestisce, ad esempio, il parco tecnologico di Villach. Anche alle aziende bellunesi la lettera evidenzia i pregi della regione austriaca: un fisco ragionevole (unica imposta sulle società del 25%, assenza di IRAP e studi di settore), valori immobiliari interessanti (superfici industriali da 25 euro al mq) e un sistema-paese che funziona (contributi per investimenti nella produzione fino a un massimo del 25% e del 50% per la ricerca, diritto lavorativo flessibile, coordinamento delle procedure di autorizzazione). “E’ un film già visto – dice Walter Capraro, direttore dell’Unione Artigiani e Piccola Industria – di cui si è occupata anche la stampa nazionale. In realtà, tra il 2000 e il 2010 la società voluta da Haider ha seguito l’insediamento di 68 aziende italiane, cui si debbono aggiungere le 20 assistite da ABA-Invest, l’altra società federale che opera per attirare investimenti italiani in Austria. Non sono certo numeri da esodo, anche perchè comprendono piccole realtà commerciali e turistiche, uffici vendita e di servizi la cui localizzazione in Austria non è alternativa alla permanenza in Italia.” Il vero danno che potrebbe fare la lettera non è, dunque, tanto sul fronte di una delocalizzazione nostrana, quanto sull’umore degli imprenditori: la missiva dell’EAK di Klagenfurt, infatti, ha provocato nelle imprese un certo malumore dato dal fatto che il confronto con il Veneto non è affatto lusinghiero. “Le aziende sentono che la Regione Veneto non sta lavorando come dovrebbe – dice il Direttore dell’UAPI – e soprattutto non si sta ponendo il problema dello sviluppo come priorità assoluta. Riconoscono che alcuni interventi, come ad esempio quello sulla cassa integrazione, sono stati tempestivi, ma nello stesso tempo percepiscono chiaramente la mancanza di risposte sul piano strategico e hanno l’impressione che i problemi strutturali persistano nonostante gli annunci. E’ un fatto che alle imprese stia arrivando poco, anzi pochissimo ed è sempre più diffusa la sensazione che nessuno stia pensando in termini di sistema d’area. La lettera dell’EAK, soprattutto per un territorio di confine come il nostro, alimenta quindi inevitabilmente l’insoddisfazione e le frustrazioni in chi, come le imprese, sente la politica sempre inadeguata e lontana dai problemi veri.”