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“La montagna assassina”: innocenti e colpevoli dei “delitti” di Alleghe nell’ultimo libro di Toni Sirena

Mezzo secolo dopo il processo dei “delitti di Alleghe”, che nel 1960 fece grande clamore, Toni Sirena ritorna sull’argomento rivisitandolo anche alla luce di nuovi elementi. Già autore di una dettagliata ricostruzione critica di quella vicenda attraverso gli atti giudiziari (I delitti di Alleghe. Le verità oscurate, Cierre 2008), Sirena parte ora dalle conclusioni di quel libro (fu un errore giudiziario ed esiste un solo delitto, un duplice omicidio a scopo di rapina nel 1946) per approfondire le motivazioni che portarono alla condanna dei quattro imputati.
Il volume esamina in modo convincente, integrato da numerosi documenti in parte inediti, una lunga e inspiegabile serie di errori commessi dagli inquirenti, in particolare nella prima fase delle indagini ma anche negli anni successivi: scambi di pistole, perizie balistiche sbagliate, omissioni, valutazioni arbitrarie, e perfino sparizione di atti che portarono al proscioglimento in istruttoria dell’unico imputato dell’epoca, Luigi Verocai, un fascista già condannato a 27 anni ed evaso dal carcere di Treviso. Ricostruisce inoltre i retroscena che portarono all’arresto nel 1958 di Giuseppe Gasperin, di Pietro De Biasio e poi di Aldo e Adelina Da Tos, riconducendoli all’attività partigiana di De Biasio e all’ostilità che alcuni ambienti di Alleghe nutrivano nei suoi confronti. Analizza infine i due libri di Sergio Saviane (I misteri di Alleghe) e di Giovanni Comisso (La donna del
lago), ispirati alla vicenda, che segnarono l’immaginario collettivo, ed evidenzia i nessi di dipendenza che legano, anche negli errori, l’articolo di Saviane La Montelepre del nord del 1952 al racconto di Comisso La piccola valle del 1948.
Ne esce uno spaccato anche sociale e politico di quegli anni in una valle di montagna del Veneto: la guerra con le sue divisioni e le sue tensioni, l’immediato dopoguerra dagli esiti ancora imprevedibili, la costruzione di una forza militare clandestina in grado di arginare il “pericolo rosso”, la protezione accordata in questo contesto a molti ex fascisti, e poi il gelo della “guerra fredda” e la campagna antipartigiana che proseguì negli anni Cinquanta con centinaia di processi e migliaia di ex partigiani accusati di reati comuni per fatti di guerra. Dentro queste inquietanti cornici storiche si dipana anche la vicenda dei “delitti di Alleghe” che da quel clima trae alimento e nello stesso tempo spiegazione. C’è infine un filo rosso che lega quegli anni e che attraversa il Novecento, un motivo ricorrente che viene elevato da Comisso a “soluzione del giallo” di Alleghe: la montagna assassina. Quello dell’Alpe omicida è un tema ben noto e studiato (insieme a quello dell’Alpe sublime, entrambi estranei al mondo della montagna) ma nel libro di Comisso diventa il motivo antropologico dominante: poiché, con le sue continue frane, la montagna uccide, allora anche i montanari, figli di quella madre natura assassina, sono assuefatti al delitto. L’autore, nella non conclusa querelle tra innocentisti e colpevolisti, si schiera dunque con i primi, ma scava anche nelle cause, culturali e politiche, che aprirono la strada a un “clamoroso errore giudiziario”.
Titolo: “La Montagna assassina”, formato: 12×20 cm, pagine: 264, confezione: brossura cucita
illustrazioni: bianco e nero; prezzo: 14,00, ed Cierre, collana: Percorsi della memoria, 37

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