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sabato, Settembre 14, 2024
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Escursione culturale a Belluno città

Teatro comunale di Belluno

Mi prendo un giorno libero dal lavoro e salgo a Belluno nel capoluogo montano non per il solito trekking, ma per una escursione “culturale”: con due amiche e il marito di una: c’è l’intenzione di andare a teatro, non però per vedere una pièce. Si tratta di visitare il palazzo in cui ha sede il Teatro Comunale di Belluno che si trova in Piazza Vittorio Emanuele, vicino alla ben nota Porta Dojona, da cui lo separa una scalinata. Una porta, questa che apparteneva al sistema di cinta muraria della città.
Il Teatro è un palazzo di stile neoclassico, sorto nel 1833-35 sulla base del progetto di Giuseppe Segusini dopo lo smantellamento dell’antico Fondaco delle biade. Del Fondaco oggi è rimasta una traccia nell’architrave del 1625 che si trova murata nel retro del teatro.
Il marito della mia amica, esperto architetto e appassionato di storia locale, vedendomi “foresta” all’ambiente montano, si diverte a stupirmi raccontando aneddoti e storielle legate alla città e ai suoi edifici.
Si dilunga a descrivere la facciata del palazzo che presenta elementi che si ricollegano ad altre opere compiute dal Segusini in quello stesso periodo sia in Veneto (Feltre, Serravalle) sia oltre confine, in territorio austriaco. Ad accoglierci sulla gradinata di ingresso si ergono due leoni, opera di Pietro Zandomeneghi, che vorrebbero rappresentare la poesia e la musica: infatti reggono tra le zampe anteriori rispettivamente una maschera tragica e una cetra .

Faccio qualche battuta sui leoni: non hanno il vangelo aperto, non hanno ali né assomigliano ai nobili animali simbolo dell’Evangelista Marco e della Repubblica della Serenissima. Nessuno sorride: forse i fasti della grande Venezia qui non sono apprezzati? O forse una forte folata di vento che nel frattempo si è alzato ha portato via la mia voce? Sta di fatto che poi M*, il marito della mia amica, torna a breve a parlare dell’edificio e mi fa notare le decorazioni sopra le porte laterali. In alto poi – continua a dire imperterrito – sono posizionati nove busti in pietra e in bronzo di alcuni Rettori veneti dei secoli XVI e XVII, provenienti dal precedente Palazzo Comunale oramai demolito. La parte interna invece risulta restaurata nel 1866, poi di nuovo nel 1948 e nel 1993.
Pare proprio che la lezione volga finalmente alla fine, quando invece noto che M* estrae un piccolo astuccio dallo zaino da cui mai si separa e che, dopo averlo aperto, ci porge delle cartoline d’epoca che immortalano il Teatro: davanti vi stazionano banchi di venditori e qualche avventore in abito di fine Ottocento o inizio N ovecento.
Cose di altri tempi! Esclamo, satura di informazioni e con l’unico desiderio di sedermi in qualche ottima trattoria dei paraggi e assaggiare qualche piatto tipico. Si va in un locale vicino, verso la Piazza Mercato: fortunatamente c’è posto.
Ci sediamo per un pranzettino coi fiocchi come si fa qui ai primi freddi autunnali: degli ottimi casiunzei di primo piatto, un po’ di formaggio schiz cotto a fuoco vivace e dei fagioli di Lamon. Come dessert chiedo un paio di giuseppine, delle frittelle alla crema, senza sapere che si fanno solo a Carnevale. Il giovane cameriere infatti mi risponde con un sorriso compassionevole e mi invita a ritornare a febbraio.
Mi porta invece un po’ di gelato che i bellunesi esperti del prodotto sanno fare ottimamente qui e in giro per il mondo da vari decenni.
M* ci propone un secondo giro in città per il pomeriggio, con tanto di guida ai palazzi principali. Per nostra fortuna, a salvarci dalla lezione, arriva un po’ di nuvolaglia che oscura il sole già pallido e minaccia un temporale: ci costringe a rientrare prima del previsto.
In montagna, a volte, la pioggerellina di settembre è salvifica, come l’Opera della Provvidenza.

Bruna Mozzi

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