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Amministrazione provinciale. Ora qualcuno ci spieghi se dalle rovine di Palazzo Piloni c’è ancora qualcosa da salvare! * di Eugenio Padovan

Eugenio Padovan
Eugenio Padovan

Storditi, tramortiti in una parola narcotizzati. Così ci presentiamo noi bellunesi di fronte ai deliri istituzionali che hanno praticamente azzerato, forse meglio, distrutto la nostra rappresentazione dell’unità territoriale dal Feltrino al Passo di Monte Croce Comelico. In altre parole, come cittadini elettori, siamo assenti e inconsapevoli di fronte ad una realtà che oramai possiamo considerare senza ritorno o, qualsivoglia recupero capace di contraddistinguere e governare la “provincia” di Belluno. Vale a dire che ci dimostriamo come un pugile suonato, al tappeto perché incapaci di reagire nei confronti dei colpevoli del letterale smontaggio, scientifico, funzionale e istituzionale dell’amministrazione di Palazzo Piloni.

E non ci si venga a raccontare favole che ciò ha il significato di uno snellimento di un inutile ostacolo burocratico perché non vi è nulla di più falso e stridente se solo mettiamo in campo la nostra collocazione geografica. Che ci trova, ripetendo una litania inascoltata, da un versante, tra la regione autonoma del Friuli Venezia Giulia e dall’altro con l’incombere e lo schiacciamento delle due province autonome di Trento e Bolzano. Per rendersi conto del disarmo e disorientamento degli uffici amministrativi, nonostante l’impegno del personale, è sufficiente farsi un giretto da quelle parti. Poi, per chi conosceva l’operatività dei settori e degli assessorati la differenza risulterà quantomeno marchiana.

Entrando nel merito della ideazione della legge Delrio, dove ha messo pesantemente le mani, ossia la penna per scriverla l’onorevole sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianclaudio Bressa, va riconosciuto di come nessuno meglio di lui, essendo bellunese, potesse infierire un colpo così mortale e definitivo alle aspirazioni o, meglio, illusioni di autogoverno di una comunità di montanari e abitanti delle valli dalle caratteristiche uniche ed irripetibili, unite da un destino che ci sta portando velocemente all’estinzione.

Non molto meglio va qui da noi vista l’assenza quasi totale dei nostri rappresentanti nei due rami del parlamento, rispetto al disastroso panorama conseguente alla Legge Delrio, a parte qualche interrogazione od uscita estemporanea non si è visto spuntare proprio nulla che cercasse di ribaltare la nostra distruzione.

Prendiamo ad esempio le uscite dell’onorevole Roger De Menech secondo il quale i famosi “Fondi di confine” dovrebbero addirittura ripopolare la montagna. Il nostro onorevole del quale, considerata la collocazione partitica, possiamo comprendere le difficoltà di movimento, dovrebbe spiegarci su quale coordinamento intenda far capo, dopo la distruzione della provincia. Infatti, se ritiene far affidamento sui soli sindaci, dovrebbe pure darsi un’occhiata d’attorno e verificare quello che hanno combinato molti primi cittadini al di fuori di realizzare (quando va bene qualche spezzone di pista ciclabile) marciapiedi, piazze e colate di cemento indistinte. Non sarebbe opportuno che si ragionasse ad ampio spettro non ritenendo che il lavoro si crei, si procuri solo pensando alla distruzione del nostro incomparabile paesaggio ma anche puntando sull’ immateriale, cioè guardando in faccia alle nostre ricchezze ambientali e culturali? La crescita di tale settore viene invece totalmente ignorata dalla maggior parte delle amministrazioni. Eppure sarebbe tempo di occuparsene attentamente e non con elemosine ma attraverso investimenti veri perché si tratta di occupazione di alto valore aggiunto capace di far crescere davvero la nostra realtà.

Parliamo di gente con lauree e alta specializzazione, che oggi arranca o, nella maggior parte dei casi, sopravvive od arrotonda altri redditi. Proprio qui si innestava una delle possibilità e ruoli che la provincia poteva e doveva svolgere nel governo dei beni culturali ed ambientali e non essere costretta sulla lama del rasoio di un taglio delle competenze culturali da parte della Regione. Per concludere attendiamo che qualcuno dei maggiorenti spieghi per bene, non dandoci degli incapaci, quali siano rimasti i veri margini di operatività per quella che un tempo era l’amministrazione provinciale !!!

Eugenio Padovan

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