Sono ospite per alcuni giorni qui a A* da un’amica; m’invita spesso perché sa che amo la montagna d’inverno e d’estate. Ora non c’è neve, ma il paesaggio è sempre affascinante e l’aria più respirabile. Giù in pianura imperversa la nebbia e i PM 10 sono alle stelle. Persino il medico mi ha suggerito di cambiar aria appena posso. Che occasione migliore del Natale?
Quest’oggi la mia amica ha organizzato un bel pranzo coi prodotti tipici della montagna, cose impensabili per me che in pianura son avvezza alla insalatina leggera al massimo con carne bianca. Ha portato per antipasto del formaggio bastardo del Grappa con miele, poi soppressa, per passare ai primi con un ottimo risotto ai funghi misti, tagliatelle fatte in casa al ragù di cinghiale e poi avanti con schiz con polenta di mais, sponcio e funghi, pastin bellunese e per contorno fagioli all’uccelletto e “capus in tecia”. Ha voluto prodigarsi anche nel preparare i dolci: i bellunesi caldi e lo strudel di mele con gelato.
Qui in montagna ci sanno fare bene coi menù e non solo la mia amica; scopro che anche le altre invitate sono regine della cucina. Sarà che le donne di montagna son più brave che quelle giù da noi in città? Rifletto tra me e me che qui i tempi son diversi rispetto a quelli urbani della pianura, qui forse stanno più in casa per via del freddo; ma guardo fuori dalla finestre e vedo che, nonostante la fine di dicembre, splende il sole, di neve nemmeno un fiocco, la temperatura è mite. Allora che sarà? Oso chiederlo alla mia ospite e cerco di avviare una conversazione su questo tema: donna e cucina (di montagna).
Tutte e tutti si infervorano e vogliono parlare: si sentono soprattutto schiocchi di lingua sul palato e suzioni nonché colpi secchi sui cibi croccanti. Ma riesco a distinguere le parole e ribatto. Le donne concordano nel dire che son brave con i piatti perché è merito delle mamme e nonne che pazientemente han loro insegnato l’arte della cucina e che a loro volta insegnano alle loro figlie. Questo – aggiungono – fa di una casalinga qualsiasi, una regina della cucina e non solo. Gli uomini presenti concordano, annuiscono, fanno gran cenni di capo, mentre si fanno riempire il piatto di carne o fanno il bis di dolci. Qualcuno non ha ancora terminato il boccone e già avvicina il bicchiere dorato di spumante alle labbra. Interviene A* amica comune che dice: “ Mia nonna mi voleva sempre con lei quando preparava le grandi cene con la mamma e le zie! E se chiedevo di uscire coi miei amici a giocare, mi rimproverava e diceva che dovevo diventare una brava cuoca!”
Rispondo: “Beh da noi invece le nonne non possono certo far così; semmai son le nipoti che comandano e le hanno convertite alla nuova cucina: ordini al telefono e hai il cuoco in casa oppure ti fai arrivare il catering per le feste. Nonne connesse e digitali oramai, nonne che stanno sempre meno in cucina e più al PC. Non parliamo delle mamme poi sempre più fuori casa, sempre impegnate in ufficio e in questi giorni a comperar regali. In cucina ci stanno sempre meno e comprano precotto o già pronto, oppure si va tutti al ristorante!”.
Tra gli invitati c’è anche Don P* della parrocchia del paese; tra una forchettata e l’altra, ma di sola verdura – è vegetariano e non farebbe male ad un animale – dice che si stava meglio ai bei tempi andati, quando le donne stavano in casa ed erano devote e riesce a pronunciare una frase nel suo latino condito d’olio, aceto e pepe sale. Il suo vicino, fratello della padrona di casa, che di professione fa il maestro di sci d’inverno e d’estate il PT in una palestra a B*, dice che lui le donne della città che non mangiano mai e al massimo sbocconcellano, non le vuole nemmeno vedere. “La prima che mi fa la polenta buona, la sposo!” dice da single incallito dopo aver alzato già l’ennesimo bicchiere.
A fine banchetto – mi va di chiamarlo così – urge una passeggiata. Mi avvio per le viuzze a saliscendi del paese. Ripenso in solitaria alle donne cuoche, le immagino coi forchettoni e i grandi mestoli dinanzi ad un enorme calderone fumante: mi paiono un po’ fate un po’ streghe. Per fortuna due turisti affezionati del posto che mi conoscono, mi salutano a gran voce e mi scuotono dal mio sonno mitologico.
Alzo lo sguardo ad ammirare le vette e rientro a riveder le donne-cuoche e a bermi un digestivo alle erbe di montagna.
Bruna Mozzi