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domenica, Settembre 8, 2024
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La storia dei documentari sulle Dolomiti di Badaloni * di Mario Maffucci

Mario Maffucci
Mario Maffucci

Siamo arrivati al finale di quella che Marcella Morandini si augurava potesse essere “un’impresa mai tentata finora: presentare e comunicare al largo (?) pubblico le Dolomiti…” (vedi IL CADORE n° 7/2014).
Da un punto di vista mediatico è stato un “flop” clamoroso, lo dicono i numeri: la media è stata di 34368 spettatori a puntata per lo share dello 0,18%. Mentre la Segreteria precedente ha la responsabilità della gestione dell’opera, Marcella Morandini ha quella di aver mandato allo “sbaraglio” i documentari (sbagliato il Canale, sbagliato l’orario): ha rifiutato nel gennaio 2014 l’assistenza che come consulente mi ero offerto di darle. Per quanto riguarda i contenuti sono in totale
disaccordo con la linea generalista da programma cosiddetto “culturale” seguito da Piero Badaloni. La comunicazione Unesco dovrebbe avere una caratteristica marcata che la distingua dalla genericità televisiva e da quella del marketing, distintivo che i sei documentari non hanno.
Da un punto di vista imprenditoriale le responsabilità sono, a mio giudizio, assai più delicate. Vediamo quale è stato il percorso.
1. La Fondazione accoglie la proposta di Badaloni (una diligente sintesi del pregevole opuscolo istituzionale di Micheletti), decide di realizzarla, ma di gestirla a Trento, azzerando la competenza della Governance.
2. La Fondazione designa (vedi lettera al Governatore Durnwalder) Fausta Slanzi delegata per i contenuti Unesco, come coautrice di Badaloni. Il Comitato Scientifico e il Gruppo di Comunicazione non vengono interpellati.
3. La Fondazione chiede alle Province, attraverso le società partecipate, il budget in quota parte: 90 mila euro + viaggi, soggiorni, transfert in montagna, riprese dall’elicottero per 3 persone per 60 giorni di ripresa.
In totale, investimento di almeno 150 mila euro. In cambio vengono promessi per uso promozionale nel proprio territorio 2 documentari a BZ e 2 a TN, 1 a BL ed 1 al Friuli (i documentari fin’ora non sono stati assegnati alle Province). Alla Fondazione la disponibilità (e non la proprietà o la co-proprietà) dei 6 documentari. Il Comitato Tecnico non viene interpellato per la stesura del contratto che, probabilmente, non viene addirittura stilato.

Fino a questo punto le scelte sono state fatte in prima persona, non tengono conto delle prerogative della Governance ma, tutto sommato, rientrano nelle responsabilità di chi guida la Fondazione. A mio giudizio è invece censurabile che, nella fase operativa:
– non venga stilato un contratto con un soggetto privato sulla base di un preventivo;
– alla Fondazione (che ha reperito le risorse economiche) non venga attribuita nel contratto la titolarità dei diritti: la Fondazione ha solo il Patrocinio culturale dell’operazione e non partecipa neanche in quota alla proprietà del prodotto.
4. Le riprese del documentario vengono organizzate in buona parte dagli uffici della Provincia di Trento in collegamento con quelli con la stessa funzione nel territorio (costo industriale che dovrebbe essere conteggiato nel budget).
5. L’opera dei 6 documentari è intestata alla società Land Comunication che ne detiene i diritti. La Fondazione non è titolare di alcun diritto. La Land Comunication tratta la cessione dei diritti alla Rai e incassa altri 21 mila euro. Marcella Morandini annuncia la cessione diritti dell’operazione ad altre 6 emittenti televisive (vedi IL CADORE N°7/2014). Piero Badaloni ringrazia.
Per quanto riguarda l’operazione imprenditoriale la gestione è tutta in perdita e non si capisce perché. Perchè la Fondazione non ha preteso i diritti dell’opera, assegnando a Land Comunication la sola produzione esecutiva (compreso il compenso a Badaloni)? In effetti qual’è stato il compenso per Piero Badaloni? Perchè la Fondazione ha rinunciato ai diritti? La Fondazione ha stilato un contratto con Piero Badaloni e/o Land Comunication? Ci si chiede: ma che cosa ha autorizzato il CdA? La Fondazione ritiene, fino a questo momento, di non rispondere, nonostante io faccia queste legittime domande da qualche tempo: si potrebbe documentare che i fatti si sono svolti per altro verso e che quindi sbaglio. Non rispondere invece lo trovo imbarazzante per la trasparenza della Fondazione che, ricordo, è un soggetto istituzionale
finanziato con i soldi dei cittadini. Protesta sotto le finestre di Corso d’Italia a Cortina o dossier alla Corte dei Conti?

Mario Maffucci 

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