Il territorio bellunese ha due grandi primati mondiali riconosciuti dall’UNESCO: uno per l’eccellenza paesaggistica e geologica delle Dolomiti, l’altro per essere luogo della più grande tragedia ambientale, nel mondo e in tutti i tempi, causata dall’incapacità umana; Il Vajont.
La giornata del Vajont, il 9 ottobre, è diventata inoltre la giornata riconosciuta dalla Stato Italiano come quella in cui commemorare tutte le disgrazie ambientali del nostro Paese: terremoti alluvioni, intossicazioni, frane. Tutti eventi che in Italia continuano a causare migliaia di morti e cui spesso è riconducibile una diffusa incuria umana o, peggio, un’avida e inarrestabile ricerca del vantaggio economico ad ogni costo.
Alla luce della grave attualità cui il Vajont rimanda e del fatto che “simbolicamente” posto a livello nazionale e internazionale, resto colpita dal fatto che nei maggiori quotidiani italiani e anche nei dibattiti politici di oggi non vi siano molte parole sul Vajont e di rimando sul tema di questa giornata nazionale, su come e perché questa immane tragedia, ancora la più grande non solo per le comunità bellunesi ma per il Paese intero, non debba chiudersi solo nella memoria ma produrre e stimolare linee per una diversa gestione del territorio.
In un momento in cui la politica parla del futuro del paese e delle sue possibilità di riscatto, il ricordo della grande tragedia del 63 e la giornata nazionale delle tragedie ambientali dovrebbe stimolare una discussione su cosa si vuol fare affinchè del territorio, della sua fragilità e del suo governo non se ne parli solo quando si piangono i morti e nei giorni della memoria.
Oggi, invece il nome del Vajont e il rinnovo del dolore rimbomba solo in queste valli, ci sono le celebrazioni locali, le proposte vengono dalle associazioni dei sopravvissuti e dal ricordo di persone grandi, che per le “ragioni del Vajont” hanno battagliato una vita e che ci hanno lasciato pensieri attualissimi, come Tina Merlin.
Ma il ricordo e il monito del Vajont dovrebbe andare oltre Longarone, Belluno il Veneto e il Friuli. Essere presente in tutt’Italia, a tutti i noi, e tutti i giorni, per dirci che è giunto (e passato) il tempo del “governare il territorio”, che dal mio punto di vista significa governare l’equilibrio tra ambiente e attività umana, sviluppare politiche territoriali, anche a fini economici, riconoscendo che coprire suolo e usare risorse non può solo essere calcolo quantitativo e speculativo.
Quanti Vajont, quanti 9 ottobre dovranno passare prima di pensare a tutto questo?
Irma Visalli