La questione morale agita il dibattito politico dal 1981, da quando cioè – undici anni prima di Mani pulite – l’allora segretario del Pci, Enrico Berlinguer, ne parlò per primo. “La seconda Repubblica nacque giurando di non intascar tangenti, di rispettare il bene pubblico, di debellare malaffare e criminalità. Bastano tre cifre, invece, per dirci a che punto siamo arrivati. Nel nostro Paese, in un anno, l’evasione fiscale sottrae all’erario 156 miliardi di euro, le mafie fatturano da 120 a 140 miliardi e la corruzione brucia altri 50 miliardi, se non di più. Il disastro etico è sotto gli occhi di tutti. Quel che stupisce è la rassegnazione generale. La mancata indignazione della gente comune. Un sintomo da non trascurare. Vuol dire che il male non riguarda solo il ceto politico. Ha tracimato, colpendo l’intera società. Prevale la “morale fai da te”: è bene solo quello che conviene a me, al mio gruppo, ai miei affiliati. Il “bene comune” è uscito di scena, espressione ormai desueta. La stessa verità oggettiva è piegata a criteri di utilità, interessi e convenienza”. Così scrive don Antonio Sciortino su Famiglia Cristiana di agosto. La questione morale continua ad essere, in modo trasversale, la grande esclusa dal dibattito politico e civile: è svanita la convinzione che le scelte di ciascuno, dalla politica all’impresa, dalle banche ai cittadini, influiscono nel bene e nel male sulla vita di tutti e sull’ambiente che ci circonda. Mentre l’opposizione tace, la maggioranza denigra. Don Antonio è stato definito da Giovanardi (PdL), come “servitore di disegni politici altrui”. Anche Fini è stato bersaglio di ingiurie in questi giorni. Sono stati oggetto di campagne di diffamazione, nei quotidiani del capo del consiglio o da parte di esponenti di rilievo della maggioranza stessa, anche Saviano, Veronica Lario, Boffo, Napolitano, Granata ed altri: la commedia si ripete, le voci che esprimono dissenso, critica o sfigurano l’icona del sovrano e dei suoi cortigiani, vengono accusate di far parte di forze che sviliscono l’immagine italiana all’estero, di contiguità con il terrorismo, di essere servitori di disegni politici altrui, mentre in realtà difendono la credibilità delle istituzioni, la costituzione, e uno Stato non trasformato in comitato d’affari. Mangano invece diventa un eroe. Per i disobbedienti s’agita il randello dell’epurazione. D’altronde Bossi l’ha detto chiaro e tondo: “chi pianta casino è fuori dal partito”. Berlusconi usa un linguaggio più tornito, ma anche a lui sta a cuore la “lealtà”, non certo l’onestà. La selezione della classe politica è al ribasso, meno si è coerenti (cioè più servili) e più si scalano i gradini del potere, complice una legge elettorale che lascia ai segretari di partito la scelta dei parlamentari, così che spesso gli incompetenti disonesti, nani e ballerine sono parte rilevante della nostra classe dirigente. Una concezione padronale dello Stato ha ridotto ministri e politici in “servitori” e semplici esecutori dei voleri del capo. Non si ammettono repliche al pensiero unico e guai a chi osa sfidare il “sovrano” assoluto”. Che strana idea di libertà!!Agli esordi di Mani Pulite Berlusconi con le sue televisioni (spalleggiato dalla Lega) contribuì, con grande energia, ad affossare la prima Repubblica. Oggi gli stessi personaggi, con le stesse televisioni (anzi sicuramente di più), sbandierano garantismo, soprattutto a favore dei potenti, pretesa di impunità totale, nonostante la gravità delle imputazioni. Il sottosegretario alla “Giustizia”(sich!) Giacomo Caliendo, rimane al suo posto nonostante sia indagato per appartenenza alla loggia segreta P3. La legittimazione del voto popolare non è lasciapassare all’illegalità, ma per gli italiani, a quanto pare, va bene così.
Francesco Masut
Circolo PD di Cavarzano