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La privatizzazione dell’acqua è cosa fatta. Regione e Comuni espropriati di un bene comune. Fistarol: «Conseguenze negative per i cittadini»

Maurizio Fistarol senatore Pd
Maurizio Fistarol senatore Pd

«Ancora una volta il governo, con un atto di arroganza politica, mette la fiducia su un provvedimento così delicato e di pubblico interesse. In questo modo impedisce di apportare modifiche e miglioramenti e vuole neutralizzare la contraddizioni che ci sono nella maggioranza su questo tema». Così il senatore del Partito democratico, Maurizio Fistarol, a poche ore dal voto alla Camerasul decreto Ronchi, già approvato dal Senato, che contiene anche la contestata norma sulla liberalizzazione dell’acqua. «Oggi – ha dichiarato l’esponente del Pd – si consuma un atto, purtroppo non l’unico, a dir poco deplorevole, che avrà conseguenze molto gravi per il futuro di tutti i cittadini».
«politica dell’acqua al migliore offerente – ha continuato Fistarol – è stata arginata da un  emendamento del Pd, inserito nel testo. “L’acqua è di proprietà dello Stato”: poche parole che, però, riescono nell’impresa di limitare la mercificazione selvaggia voluta dal ministro Ronchi, ideatore del decreto. L’acqua non è una merce e, in base alla Costituzione, la titolarità della sua gestione è in capo alle Regioni e agli enti locali. Prevedere non la possibilità, ma l’obbligo entro 1 anno, di affidare a privati la gestione dei servizi pubblici vuol dire espropriare Regioni e Comuni del diritto-dovere di amministrare l’uso dell’acqua nell’interesse delle persone e delle comunità e apre la strada ad un monopolio privato nelle mani di tre o quattro multinazionali». «Una scelta – ha spiegato il senatore del Pd – che va contro l’interesse dei cittadini e che non è dettata, come falsamente sostengono governo e maggioranza, da norme europee. Una scelta tanto più grave nel caso del partito di Bossi e Calderoli che in Padania coi suoi sindaci si batte per l’acqua bene pubblico e a Roma prende decisioni ultraliberiste. Contraddizioni della Lega, ma anche del Pdl con gli amministratori che a Belluno dicono una cosa e i parlamentari a Roma che votano in un altro modo. Questo ingresso dei privati non aprirà la strada ad investimenti per migliorare il servizio. Agli inizi degli anni ‘90 il Comune di Belluno, sotto l’amministrazione Bressa, aveva indetto una gara per la gestione privata dell’acquedotto, a cui parteciparono i più grossi soggetti europei, ma la bloccò perché si rese conto che per i cittadini e per la stessa amministrazione era più conveniente una gestione comunale, anche avendo a disposizione poche risorse per gli investimenti. Nessuna pregiudiziale ideologica da parte nostra su eventuali presenze anche di privati – ha concluso Fistarol – ma questo precedente dovrebbe far riflettere».

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