Una nuova uscita estiva per “Il volo di Icaro”, di Tib Teatro per la regia e drammaturgia di Daniela Nicosia. Questa volta, dopo il successo con il Premio Miglior Attrice assegnato a Vania Bortot a Molfetta, in una cornice particolarmente significativa per una realtà teatrale veneta: la XXIX edizione di Operaestate Festival Veneto. Tib Teatro, che già nel 2001 fu scelto con “La storia di Pierino e il Lupo” per la kermesse internazionale di Bassano, sarà ospitato, mercoledì 5 agosto, nello stupendo cortile del Castello degli Ezzelini, location privilegiata della città capofila della manifestazione. Un cartellone, quello 2009, tra i più densi, eclettici e curiosi fra quelli proposti da Operaestate negli ultimi anni, che vedrà Icaro in calendario con nomi celebri del panorama italiano quali Ottavia Piccolo, Paolo Rossi, Marco Paolini, Laura Curino, solo per citarne alcuni. Il programma di Operaestate Festival – che coinvolge trentuno città, per quattrocento serate di spettacolo in oltre 2 mesi tra le ville, i castelli, i parchi, i palazzi, le piazze e i musei della pedemontana veneta – per l’edizione 2009 ha scelto artisti e produzioni provenienti da 19 diversi paesi. Un festival all’avanguardia, che sa far convivere e dialogare tradizione e modernità, e nel quale ben si contestualizza la scelta del testo “Il volo di Icaro” nel quale si focalizza uno dei passaggi principali della personalissima ricerca artistica di Daniela Nicosia (regista e drammaturga, anima di Tib Teatro struttura veneta d’eccellenza, Premio ANCT 2004) circa la rivisitazione dei miti greci, che si riversano in una scrittura originale per il teatro. Si tratta, infatti, di una drammaturgia contemporanea che sa unire testo e scrittura scenica rintracciando in quelle tradizioni, “leggende”, alle origini della nostra cultura, motivi e tensioni ancora attuali. E così, nel dualismo del rapporto padre-figlio, nella tendenza alla sfida, al superamento di ogni limite proprio dell’adolescenza, così come nella solitudine delle infanzie di oggi, si individuano profondi nessi tra ciò che ci è tramandato e ciò che è il nostro presente. Non a caso J. Hillman definisce il mito come «qualcosa che non è ma è sempre». Ed è proprio qui il nesso tra passato e presente, nella solitudine in cui si consuma la breve esistenza di Icaro, per tutta la vita in attesa di un padre, Dedalo, il genio inventore, troppo preso dalle sue invenzioni, distratto dalla sua stessa creatività. E la metafora sul rapporto padri-figli si estende ad una implicita considerazione sulla solitudine dell’artista e di chi gli è accanto. Un rapporto intessuto di luce ed ombre, quello tra Dedalo e il figlio Icaro, così come quello tra il Re Minosse e un altro figlio solo, Minotauro, il diverso, l’emarginato, che nella riscrittura della Nicosia assume un ruolo chiave nell’inquieto, solitario percorso di crescita di Icaro, consumato nell’attesa dei brevi momenti di incontro con il padre sulla scogliera. Lassù il papà gli ha rivelato i segreti delle api e le sue segrete ambizioni e in quelle sere, Icaro si è sentito felice… Finché un giorno – imprigionati entrambi da Minosse, che accusa Dedalo di tradimento – padre e figlio, si ritroveranno insieme con una infinità di tempo da condividere. Loro due soli, rinchiusi nel labirinto, la prigione a cielo aperto, inventata dallo stesso Dedalo, da cui è impossibile uscire. Ora Dedalo e Icaro, occhi negli occhi, soli, sotto quell’azzurro cielo di quel cielo speciale, cielo di Grecia, che se alzi un dito ti pare che lo puoi toccare, cercano insieme una via d’uscita. Ora padre e figlio sono davvero insieme, perché insieme progettano il loro futuro… Lo spettacolo si avvale delle scenografie dell’artista visivo Gaetano Ricci, che insieme all’accurato progetto luci compongono quadri scenici su più piani, sezionano lo spazio che si fa racconto, drammaturgia per immagini, in una tessitura scenica che emoziona, anche grazie alle scelte musicali, tratte dal repertorio tradizionale greco, con arditi accostamenti contemporanei da Morricone a Saleas.