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Perse 84 aziende nel 2008

Con grande fatica ma, per il momento, il settore tiene. Preoccupazioni contenute anche per cassa integrazione e sospensioni. Attesa per l’andamento del semestre in corso. Il 2008 chiude per le imprese artigiane bellunesi con un saldo negativo di 84 unità, che porta la consistenza complessiva vicino alla soglia delle 5.600 unità. Solo tre anni fa il numero delle imprese raggiungeva quota 5.855, ma già nel 2006 il saldo era stato negativo (-56) e così pure nel 2007 (-62). Ora le imprese attive in questo settore fondamentale per l’economia provinciale sono 5.647. “La perdita di aziende – dice Walter Capraro, direttore dell’Unione Artigiani e Piccola Industria- è sempre un pessimo segnale per l’economia perché toglie dinamismo e varietà al tessuto occupazionale. Non sempre, però, i cali di consistenza si traducono anche in perdita di capacità produttiva: ad esempio, nella nostra Provincia c’è stato un interessante fenomeno di consolidamento che ha portato alla nascita di parecchie società, che, di fatto, hanno assorbito preesistenti microimprese. Il tessuto produttivo, insomma, c’è e resiste.”Questo nulla toglie al fatto che il calo di aziende registrato nel 2008 sia il più alto da tre anni e soprattutto cada in un periodo difficilissimo. “Questa è la nostra vera preoccupazione – dice Capraro – Probabilmente sarà proprio a fine semestre che potremo contare davvero le perdite. Al momento i segnali di chiusure generalizzate non ci sono, tanto che a gennaio, mese in cui da sempre si concentrano le cessazioni, hanno chiuso l’attività 135 aziende, ma ne sono nate ben 62, cioè 12 in più rispetto a quelle avviate in tutto il primo trimestre 2008. Questo non significa che non ci sia una grande incertezza soprattutto sulla ripresa degli ordini e che la capacità di tenuta di molte imprese si sta riducendo. Ci conforta, però, il fatto che non poche realtà e nei settori più disparati stanno lavorando con una certa soddisfazione e alcune hanno prospettive di lavoro che coprono tutto il 2009”. Per il momento, a chiudere sono soprattutto le piccolissime aziende, ma non c’è un settore a prevalere: le cessazioni, infatti, sono spalmate in modo pressoché identico tra tutti i comparti.

Tab . Iscrizioni-cessazioni imprese in provincia di Belluno

Anno

ARTIGIANATO

TOTALE IMPRESE

Iscrizioni

Cessazioni

Saldo

Iscrizioni

Cessazioni

Saldo

2005

452

444

8

1.104

1.016

88

2006

403

459

-56

1.038

1.134

-96

2007

394

456

-62

1.041

1.215

-174

2008

354

438

-84

937

1.130

-193

Fonte: Elaborazione UAPI su dati Infocamere

“Questo dimostra che, per adesso, a saltare sono le imprese che in qualche modo erano arrivate a fine ciclo – sottolinea il Direttore dell’UAPI- come, ad esempio, quelle in cui il titolare non aveva possibilità di trasferire l’azienda ai figli, quelle che erano legate in maniera troppo esclusiva ad un solo committente o quelle che non avevano avuto il tempo di consolidare la propria presenza nel mercato. Chi ha ancora risorse e un patrimonio di esperienza alle spalle tiene le posizioni, non chiude e non licenzia. Tutti, però, stanno aspettando dal governo la stessa cosa: la riduzione della pressione fiscale.” Proprio sul fronte occupazionale, il ricorso alla cassa integrazione in deroga e alle sospensioni anche se aumentato rispetto agli anni precedenti non si presenta, però, con i dati allarmanti dell’industria. “Nell’ultimo trimestre del 2008 – chiarisce Capraro- sono state 25 le aziende che abbiamo assistito, per un totale di 124 lavoratori coinvolti. Nello scorso mese di gennaio alla cassa integrazione ordinaria e alla disoccupazione con sussidio Ebav hanno avuto accesso 58 lavoratori di 14 imprese. Numeri contenuti, dunque, che potrebbero crescere nei prossimi mesi se non compariranno all’orizzonte i primi segni di una qualche ripresa. Per adesso, l’unico vero fenomeno significativo che stiamo rilevando è il blocco del turn-over, che si tradurrà ovviamente in minori posti di lavoro disponibili, ma è comunque il prezzo minore da pagare alla crisi.”

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