È noto che la città di Belluno a livello nazionale, per le graduatorie di vivibilità, da alcuni anni è sempre ai primi posti, tra quelle dove si vive meglio. In questi ultimi tempi però, tra crisi economica che non molla, tempesta Vaia e pandemia, emerge una città che appare piuttosto ambigua, sulle scelte politiche che hanno una ricaduta nel futuro.
L’attenta politica verso l’ambiente, intrapresa nel corso di questi anni, come: “Patto dei Sindaci”, “Climate action in Alpine towns”, “cittaslow”, etc., con alcune scelte nel Piano di Assetto Territoriale (P.A.T.), ne viene indebolita. Il piano infrastrutturale viario molto discusso in questi giorni, ne è la prova. Viene presentato in nome di una sostenibilità che è a prescindere dal territorio e non per il territorio. Propone un discutibile attraversamento motivato dall’intenso traffico lungo la S. S. 50 da alleggerire, all’interno di aree (Cavarzano e Cucciolo-Marisiga) con uno sviluppo urbano esistente e consolidato. In termini ambientali un aumento di nuovo consumo di suolo e un nuovo sicuro inquinamento spalmato su una maggiore area abitata. Una strana e tardiva riproposizione di antica espansione edilizia, più volte variata, anticipatrice di una futura idea di circonvallazione.
Non sfiora minimamente l’idea, che la ricerca di una soluzione a problemi come quello viario di Belluno, almeno per coerenza, dovrebbe avere più soluzioni sostenibili, compresa l’opzione zero.
E poi, il tema della viabilità per la sua complessità, meriterebbe più attenzione nelle analisi e nelle buone pratiche, già osservate in altre città italiane ed europee. Un utile orientamento, che bada alla riduzione delle quantità (anche stradali) attraverso nuovi paradigmi negli stili di vita.
Belluno, come realtà comunale brandizzata: “città del buon vivere” nei quotidiani, la coerenza dovrebbe essere un valore. Un’incerta idea di nuova viabilità – che continua ad inseguire attraverso la quantità, un disordinato uso delle strutture preesistenti – non è una risposta politica capace di mettere al centro delle sue azioni, la centralità dell’uomo.
Per individuare un approccio ottimale ad un sistema trasportistico locale, occorre la stessa
attenzione che si rivolge alla viabilità in reti infrastrutturali più complesse.
Un piano del traffico, sia pure minimale, che vuole seguire una metodologia di progetto sostenibile, non può non guardare alle elementari componenti del traffico. Analizzando, dalle categorie (veicoli leggeri, pesanti, motoveicoli, pedoni, animali, ecc.) alla funzione del contesto territoriale attraversato (collegamento regionale, provinciale e locale); dalla tipologia del movimento (transito, distribuzione, penetrazione, accesso) alle entità di spostamento nei due sensi (con le distanze mediamente percorse dai veicoli).
Tutti elementi di mobilità che influiscono su urbanistica, logistica e sviluppo territoriale socioeconomico, ma anche ambiente, turismo, salute e sicurezza.
Quel minimo che dovrebbe orientare una puntuale progettazione, alla luce di una sua relativa valutazione di impatto ambientale.
Bisognerebbe chiedersi se tali passaggi hanno guidato l’armonico inserimento nel P.A.T. della progettata viabilità, visto che si parla di un progetto pronto per essere discusso in Consiglio comunale.
Anche a questo livello occorrerebbe una valutazione economica dei progetti, con strumenti che offrano risultati idonei come le analisi multi-criterio (Multi Criteria Decision Aid). Una
metodologia non su base monetaria ma sulla convenienza e i suoi riflessi di tipo socio-economico a fronte di un rilevante impatto ambientale. Insomma vantaggi o meno di costi-benefici e di costi-efficacia. Per quanto è dato conoscere, nel progetto annunciato dal Comune, invece, si bada appena ai flussi di traffico attraverso un mix di studi datati e/o anche recenti, che per quanto detto non sono sufficientemente significativi.
Nel merito del dibattito che si è innescato in città, un dato è certo, sia il Comune che chi avversa il piano viario, hanno lo stesso orientamento monocorde. Ai problemi della mobilità pensano di poter rispondere con una diversa scelta viaria, riconducibile però sempre a nuove strade. Non considerano che anche nella mobilità è cambiato un mondo. Il tema della sostenibilità, per questo, sollecita anche per le città una nuova organizzazione e una logistica fondata in primis sul trasporto pubblico collettivo.
In un quadro sistemico di servizi per la collettività, prima di affrontare un progetto di ampliamento stradale, come nel nostro caso, va messa in conto la sua razionalizzazione. Valutando processi di modifica che riguardano per esempio, l’efficienza dei veicoli (attraverso i motori nuovi, i materiali, il design, i biocarburanti, l’idrogeno) e un uso migliore delle reti e dei servizi attraverso le tecnologie ICT”(acronimo di Information and Communications Technology). Insomma a tutto ciò che incoraggia l’Europa per un nuovo futuro di trasporto che guardi alla “Next Generation”.
Il Ministero delle Infrastrutture e l’ANCI, come indirizzo strategico per diminuire l’inquinamento urbano, si sono già mossi, definendo un Piano strategico di azione per la logistica urbana, allo scopo di avviare un percorso partecipativo con gli Enti locali.
Per concludere, una concreta alternativa alle “progettate strade”, Belluno ce l’ha. Basta guardare agli orientamenti europei, che sono poi le fonti di finanziamento, e aggiungere un pizzico di facile fantasia.
Tutto può avere inizio razionalizzando l’esistente e scegliendo alcune soluzioni minime di cultura green, per invertire una tendenza stantia, sempre pronta a replicare ciò che si conosce. Si può iniziare con lo spostare l’utilizzo dei mezzi in circolazione a propulsore termico verso quelli elettrici, a partire dai segmenti a maggior efficacia e praticabilità, dando alla mobilità, per prima cosa, un incremento per il trasporto pubblico. Feltre, con l’adesione alla “Carta Metropolitana della Mobilità Elettrica” sembra avere già capito.
Il principio comunque è quello di controbilanciare il trasporto: aumentando l’offerta pubblica e mettendo in atto oltre che la logistica territoriale anche quella urbana regolamentata.
È possibile, impostare una riduzione del trasporto privato, attraverso un maggiore e migliore (ecologicamente ed economicamente) trasporto pubblico, dove specialmente per Belluno, si può pensare ad una conversione in metropolitana di superficie, dell’infrastruttura ferroviaria esistente.
Quale migliore occasione, quella di avere una mobilità elettrica su binario già pronta, lungo un’area in gran parte tra le 31 frazioni disseminate ai lati di quel trasporto?
Sommessamente mi permetto di suggerire alla politica, di uscire dall’atteggiamento provinciale, e confrontarsi sui temi che appartengono alle nuove generazioni, in campo lungo. Magari, non prima di avere fatto proprio il pensiero tanto caro agli ambientalisti : “pensare globalmente, agire localmente”
Giuseppe Cancemi