Il suo cadavere era stato ritrovato la mattina del 19 giugno 2017, in località “Busche” di Cesiomaggiore (BL), all’interno dell’impianto di raccolta rifiuti dello sbarramento acque del fiume “Piave” gestito da “Enel”. L’iniziale ispezione cadaverica prima, e l’esame autoptico successivamente, esclusero la presenza di segni di morte violenta, indirizzando le indagini sulla pista dell’annegamento avvenuto per disgrazia o per un gesto estremo del defunto. Tuttavia, quel corpo senza vita e logorato dalla lunga permanenza in acqua – la data della morte veniva fatta risalire ad una settimana prima del ritrovamento – rimaneva privo di identità. Gli unici elementi in possesso degli inquirenti risultavano il sesso maschile, l’età apparente di 30 anni circa e le origini verosimilmente nordafricane.
Il difficile compito di identificare l’uomo e individuare con certezza le cause della morte, veniva affidato ai carabinieri della Compagnia di Feltre che, grazie ad una serie di accertamenti svolti, ipotizzavano che la vittima potesse essere tale Ali Ezadin, cittadino Libico classe 1994, allontanatosi qualche giorno prima dal centro di accoglienza “ex San Siro” di Bagnoli di Sopra (PD).
Tuttavia non era possibile neanche procedere alla comparazione delle impronte digitali, proprio in considerazione dello stato avanzato di decomposizione del cadavere. Pertanto, solo grazie alla comparazione del dna effettuata dal Risdi Parma, a cui i militari avevano inviato un campione biologico del defunto e alcuni indumenti rinvenuti nel citato centro di accoglienza appartenuti ad Ali Ezadin, oggi si è certi dell’identità, senza alcun dubbio attribuita al cittadino libico.
Il caso è stato quindi archiviato dagli uomini dell’Arma che, sulla scorta degli elementi raccolti nel corso di questi mesi, ritengono prevalente la tesi del suicidio.