Con l’approvazione della legge Delrio la Provincia di Belluno è stata condannata a un futuro incerto e precario. Chi canta vittoria lo fa perché poco informato o in vena di strumentalizzazioni politiche, il che è peggio.
La prima questione concerne la rappresentatività territoriale. Andando a leggere la complicata formula di elezione dei dieci consiglieri provinciali, mi chiedo come sia possibile che si istituisca un Ente ponderando il voto che il Sindaco o il Consigliere può esprimere sulla base di un indice che viene determinato in relazione alla popolazione complessiva della fascia demografica del Comune di appartenenza. Questo significa che il Consiglio Provinciale sarà, con alta probabilità, rappresentativo dei consiglieri appartenenti all’area più popolata del territorio; ci sarà invece una carente partecipazione dei piccoli comuni.
Un altro aspetto preoccupante è la carente partecipazione del territorio nell’ambito del processo decisionale del futuro ente secondario. Dalla lettura della normativa si evince come, a seguito del parere espresso dall’Assemblea dei sindaci, con i voti che rappresentino almeno un terzo dei comuni compresi nella Provincia e la maggioranza della popolazione complessivamente residente, il Consiglio possa approvare in via definitiva i bilanci dell’Ente.
Inoltre, sempre l’Assemblea dei sindaci potrà adottare o respingere lo statuto proposto dal Consiglio e le sue successive modificazioni con i voti che rappresentino almeno un terzo dei Comuni compresi nella Provincia e la maggioranza della popolazione complessivamente residente. E’ evidente il pericolo che i territori della nostra Provincia, soprattutto quelli più decentrati e spopolati, non saranno adeguatamente rappresentati nel nuovo Consiglio provinciale.
C’è poi un’altra previsione paradossale: mentre il Presidente del nuovo Ente di area vasta durerà in carica per 4 anni purché non decada prima il suo mandato di sindaco, il Consiglio verrà rinnovato ogni due anni. I diversi termini di durata per la carica del Presidente e dei Consiglieri, nonché le continue potenziali interruzioni legate a dimissioni a seguito della perdita della carica comunale, si traducono in una parola sola: PRECARIETÀ. Se c’è una cosa che in questi anni mi è stata insegnata, è che non è possibile strutturare in maniera positiva ed utile il futuro di un territorio, senza stabilità amministrativa.
Se il Governo non avesse imposto la fiducia, sicuramente si potevano produrre dei miglioramenti, che non possono essere esclusi per il futuro.
Tuttavia c’è da dire che spesso la società civile riesce a superare le previsioni della politica e quindi mi auguro che, anche in questo caso, quelle manifestazioni e quelle capacità che il Bellunese da sempre ha dimostrato di essere in grado di assumersi, in termini di autogoverno al di fuori delle istituzioni, riescano a sopperire alle mancanze che questo Decreto evidenzia.
Giovanni Piccoli