“Come consulente tecnico che ha seguito i comitati per i referendum di variazione territoriali, mi sento in dovere, senza entrare in valutazioni politiche che non mi competono, svolgere alcune brevi considerazioni”. Lo scrive in una nota Daniele Trabucco – Università degli Studi di Padova.
“In primo luogo, il mancato raggiungimento del quorum è imputabile, anche, al mancato esercizio del voto da parte di quei cittadini residenti all’estero i quali, diversamente da quanto avviene per altre consultazioni elettorali (come le politiche), per esprimere il proprio punto di vista sarebbero dovuti rientrare in Italia. Si tratta di una carenza normativa grave che, in più di un’occasione, ha portato molti studiosi a dubitare della costituzionalità della norma che non consente la possibilità di votare dall’estero per referendum di questo tipo. In secondo luogo, non credo che la sfida dell’autonomia per la Provincia di Belluno passi solo dal nuovo Statuto regionale e dall’attuazione dell’art. 116, comma 3, della Costituzione. Il fatto che l’art. 15, comma 5, dello Statuto veneto parli di conferimento di funzioni amministrative e regolamentari su materie particolarmente strategiche per il territorio bellunese, con contestuale trasferimento delle risorse finanziarie, sottende un’idea di autonomia calata dall’alto e, come tale, almeno potenzialmente revocabile.
L’autonomia, invece, e su questo non si può non concordare il prof. Gian Candido De Martin, deve essere elemento costitutivo dell’ente locale territoriale. A questo si aggiungano le difficoltà di attuazione della specificità bellunese, su cui peraltro alcuni autorevoli costituzionalisti hanno addirittura dubitato della compatibilità a Costituzione. Infatti, ci si potrebbe chiedere se lo Statuto regionale è davvero la fonte idonea ad attribuire un particolare status giuridico alle Province, poiché, sostengono, dovrebbe essere invece lo Stato a dettare l’ordinamento complessivo degli enti locali territoriali.
Il Governo Monti, comunque, sul punto, non aveva sollevato alcuna questione di costituzionalità davanti alla Corte. Quanto, all’art. 116, comma 3, Cost., in attesa di fornire un giudizio più preciso e completo dopo aver esaminato la proposta contenuta nel Libro Bianco sulla montagna, sono del parere che per la complessità procedurale della norma, difficilmente si potrà arrivare a esito favorevole. Né Veneto, né Lombardia, né Piemonte, che avevano avviato l’iter, hanno a oggi ottenuto risposte concrete. Per non parlare poi dei problemi immensi che l’art. 116, comma 3, della Costituzione pone e sui quali valgano le brillanti considerazioni del prof. Pizzetti dell’Università di Torino. Dove si gioca allora l’autonomia?
Credo su un nuovo modo di concepire l’ordinamento regionale, superando il modello storico-statistico recepito dalla Costituzione per le Regioni ordinarie, al fine di pervenire a un’area dolomitica omogenea, dotata di autonomia legislativa piena, amministrativa e finanziaria.
In questo senso – conclude Trabucco – , sarà opportuno riprendere tutti i progetti di legge costituzionali presentati in questi anni (Almirante, Collino, Dussin, Paniz ecc.) e arrivare a una proposta sulla quale tutte le forze politiche del territorio possano concordare”.