Lamon 5 ottobre 2024 – Di seguito il discorso pronunciato dal presidente della Provincia Roberto Padrin, oggi alla manifestazione di Lamon.
“La diga, quella del Vajont, è ancora là, immobile. Domina su Longarone e su un tratto della valle del Piave. Non l’hanno scalfita né il passare degli anni, né l’onda terribile che ha provocato 1.910 vittime. Era (ed è) un monumento all’ingegno umano, capace di realizzare quella che negli anni Sessanta era la diga più alta del mondo. Eppure l’ingegno umano ha fallito. Non nella progettazione e costruzione del manufatto: ha fallito miseramente nell’anteporre la logica del profitto alla cura dell’uomo, nel preferire il dio denaro all’ascolto della natura. E così, la diga, opera perfetta di ingegneria, è stata costruita nel luogo sbagliato, in una valle formata da un monte che gli abitanti della zona hanno sempre chiamato “Toc” (che significa pezzo). Una montagna fatta di argilla e gesso, soggetta a frane continue. Una di quelle frane è piombata nel bacino artificiale creato dalla diga. Ha fatto tracimare l’acqua. E l’onda è finita ad-dosso a Longarone, Erto, Casso, Castellavazzo… ha cancellato tutto quello che c’era. Ha seminato morte e distruzione. Era il 9 ottobre 1963…
Parto dal mio territorio, da Longarone. Parto da un’altra diga. Un capolavoro dell’ingegneria creato in un luogo sbagliatissimo. Come sbagliatissima sarebbe la valle del Vanoi, individuata come zona P4 nel Piano di assetto idrogeologico. Cosa significa? “Pericolosità da frana molto elevata”. Per le zone P4, sono consentiti esclusivamente: gli interventi di de-molizione senza ricostruzione; gli interventi strettamente necessari a ridurre la vulnerabilità degli edifici esistenti e a migliorare la tutela della pubblica incolumità, senza aumenti di superficie o di volume e senza cambiamenti di destinazione d’uso; le opere di bonifica e sistemazione dei movimenti franosi.
E proprio qui si sta pensando di progettare una diga?
La Provincia ha detto fin da subito no, con atti ufficiali. Lo ha fatto un anno esatto fa: era proprio il 5 ottobre 2023 quando il consiglio provinciale ha approvato la prima delibera di contrarietà all’impianto. Poi lo ha ribadito il 16 maggio scorso, all’unanimità, con una nuova delibera che ha visto d’accordo anche il nuovo consiglio provinciale.
Poi la Provincia ha dichiarato anche in altre forme il suo no. Alle due tappe del dibattito pubblico svoltesi online. Alla tappa in presenza di Canal San Bovo e a quella di Cittadella, dove sono intervenuti il consigliere provinciale delegato Bortoluzzi e la struttura tecnica della Provincia. Ab-biamo chiesto ufficialmente che il dibattito pubblico sia ampliato con una nuova tappa in presenza nel Feltrino, dato che finora il nostro territorio è rimasto escluso. Martedì sera abbiamo ricevuto la comunicazione del Consorzio di Bonifica Brenta della convocazione di un nuovo appunta-mento online e abbiamo risposto ribadendo la necessità di un incontro in presenza nel Bellunese. Insomma, lo abbiamo detto in tutti i modi che siamo contrari. E non per questioni meramente di principio. Innanzitutto perché mancano le condizioni di sicurezza, come ho detto prima. Poi perché un’opera simile avrebbe un impatto esagerato. Perché se il tema è quello della siccità ci sono ben altri sistemi per affrontarlo e non certo creando un nuovo invaso. Finora non è stata neppure considerata l’alternativa alle esigenze messe in evidenza, che sono quelle di immagazzinare acqua a uso irriguo. Non è stata considerata l’alternativa di migliorare le infrastrutture di irrigazione e neppure il cambio delle colture, con un’agricoltura più adatta alle mutate condizioni ambientali e climatiche. E non sono state considerate neppure le alternative all’altra esigenza emersa, solo di recente, che è quella di un bacino di laminazione.
Quello che mi ha più rattristato in questa vicenda è che qualcuno abbia voluto porre la questione sullo scontro tra montagna e pianura: tra le terre alte a torto considerate gelose dell’acqua, e una pianura assetata e soggetta a frequenti siccità, talvolta bisognosa di acqua e talvolta di misure per salvarsi dalle alluvioni. Non è così: è una narrazione sbagliata. E lo si vede nella quantità di invasi già presenti e attivi nel Bellunese. La montagna non è mai stata gelosa della sua acqua, ma la gestione della risorsa idrica è un affare estremamente complesso che non può essere trattato con quella superficialità che invece abbiamo visto in questi mesi in merito al Vanoi.
Resta il fatto che finchè sarò presidente di questa meravigliosa provincia, farò tutto ciò che mi sarà possibile per fermare questa opera”.