“Riteniamo che i XXV Giochi olimpici invernali Milano Cortina 2026 debbano essere una grande occasione di sviluppo, di promozione, di messa in sicurezza, di riqualificazione, di rilancio del territorio bellunese all’interno di coordinate di sostenibilità e di eredità/lascito per il territorio (legacy) che rispondano realmente a canoni e principi che il CIO (Comitato Olimpico Internazionale) definisce come fondamentali per le manifestazioni sportive, a partire proprio dai Giochi del 2026 e i successivi”.
A sostenerlo sono i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil territoriali Denis Casanova, Massimiliano Paglini e Sonia Bridda.
“Per questo ci chiediamo se l’ipotesi di costruire il Villaggio olimpico a Fiames risponda a questi canoni e principi condivisibili, ineludibili e imprescindibili, sia in linea generale e a maggior ragione per un territorio fragile come quella della montagna bellunese.
Se si farà il Villaggio a Fiames non vi sarà alcuna eredità, alcun lascito in quanto il progetto prevede di costruire e poi smontare gli edifici prefabbricati. Inoltre, andrebbero realizzati tutti i servizi di urbanizzazione dell’area, che una volta conclusi i Giochi, dovrebbero essere dismessi per non impattare dal punto vista ambientale ovvero essere abbandonati con le logiche conseguenze.
Se così fosse, nulla rimarrebbe sul territorio, tranne che le eventuali opere di urbanizzazione dismesse (sic!) e si perderebbe l’ennesima occasione (e quella delle Olimpiadi è un’occasione unica e irripetibile) di riqualificare e rilanciare il territorio montano contrastando lo spopolamento, generando sviluppo, occupazione e sostenibilità ambientale e sociale.
Infine, l’ipotesi Fiames porta con sé un rischio implicito ed esplicito di rilevante impatto ambientale e di potenziale rischio idrogeologico perché l’area in cui dovrebbe essere realizzato il villaggio, ancorché provvisorio, ricade almeno in parte in zona di pericolosità geologica P2 del Piano di Assetto Idrogeologico e andrebbe costruito sul letto del fiume Boite in area fluviale del PGRA, pertanto soggetto ad una fascia di vincolo diretto oltre ad un’ulteriore fascia di rispetto idraulico e di tutela relativamente al rischio di esondazione
dello stesso Boite.
Di conseguenza andrebbe approvata una variante del PGRA che escluda l’area dall’attuale collocazione quale area fluviale con una evidente forzatura rispetto alla realtà della situazione oro-geologica.
Tutto ciò impegnando la bellezza di 39 milioni di euro solo per il villaggio temporaneo, con trasferimento da spese in conto capitale a spesa corrente di denaro pubblico con un evidente spreco, oltre che abiurando ogni possibile eredità sul territorio.
Ci domandiamo il senso di tutto ciò!
Ci domandiamo altresì se la montagna bellunese abbia il diritto a poter veder investiti i soldi pubblici – anziché per opere faraoniche provvisorie – per la messa in sicurezza e la riqualificazione di edifici già esistenti che potrebbero essere poi destinati a politiche abitative inclusive quale il social housing e/o per la ricettività turistica che sono fondamentali per le prospettive di sviluppo e di rilancio del territorio.
Quindi rispetto a un progetto, quello di Fiames, che vede già ipotecati 39 milioni di euro per un’opera provvisoria da edificare su area a rischio idrogeologico, pensiamo sia strategicamente vincente fare una scelta diversa che recuperi una struttura già esistente, destinando le stesse risorse alla messa in sicurezza di un’intera area in cui insiste la struttura da recuperare, dal momento che quell’area è già a rischio P3 con grave
pericolo per la popolazione già attualmente residente.
Secondo noi – proseguono i segretari territoriali Denise Casanova (CGIL) Massimiliano Paglini (CISL) Sonia Bridda (UIL) – il Villaggio ex Agip di Borca di Cadore con la ex Colonia del Villaggio e l’edificazione di alcuni edifici (già progettati in via definitiva dall’architetto Gellner) soddisfano i requisiti del CIO e contemporaneamente darebbero una risposta concreta, rapida, sostenibile e senza spreco di denaro pubblico alla cittadinanza di Borca che è già oggi a rischio incombenza del movimento franoso in quanto l’area esterna alla colonia è classificata dallo stesso PGRA con rischio P3b (pericolosità massima) mentre la ex
colonia secondo il PGRA è classificata come P3a (pericolosità elevata).
Inoltre tale intervento consentirebbe la messa in sicurezza anche della strada di fondo valle, anch’essa a rischio frana e per di più l’unica via di accesso a Cortina per tutta la durata dei Giochi olimpici.
In più il recupero dell’ex Villaggio Agip potrebbe ridare vita ad un progetto ambizioso di Enrico Mattei che era quello di generare un forte impulso alla sua visione di ripartenza di una nuova Italia e – aggiungiamo – di una nuova realtà montana bellunese.
Ciò permetterebbe di recuperare all’utilizzo socio-culturale un compendio di straordinaria qualità architettonica e paesaggistica di rilevanza internazionale, tutelato come riconosciuto esempio di ‘architettura del ‘900’ generando una forte legacy della struttura post-Olimpiadi da destinare a Centri di Ricerca, incubatori di start up, Università, Centro Congressi, ospitalità turistica e soprattutto Social Housing che tanto servono al territorio montano bellunese.
L’intera struttura sarebbe in grado di ospitare fino a 1200 persone più che sufficienti per soddisfare le esigenze stabilite dal CIO per gli atleti che gareggi erano in zona Cortina.
Siamo di fronte a un bivio: da una parte spendere 39 milioni di euro (oltre a quelli già stanziati per la pista da bob) per un’opera provvisoria che andrebbe edificata in area a rischio idrogeologico P2, dall’altra spendere altrettanto denaro pubblico per mettere da subito e urgentemente in sicurezza un’area già ora a rischio P3 e il recupero di una struttura che segnerebbe un new deal per la montagna e per tutto il bellunese.
Non abbiamo dubbi, recuperare il Villaggio ex Agip e la messa in sicurezza da subito dell’intera area di Borca di Cadore rispondono ai principi del Comitato Olimpico Internazionale e a principi vincolanti per l’emergenza climatica e la fragilità del territorio, in particolare la montagna dopo gli eventi disastrosi dell’Emilia Romagna.