“Risolvere il problema dello spopolamento con l’ondata migratoria? Siamo seri, il tema è molto più complesso”.
Sono le parole del segretario provinciale della Lega, Andrea De Bernardin che così interviene nella questione degli sbarchi e degli arrivi previsti, anche, sul nostro territorio. Con una lunga riflessione e numeri alla mano il segretario analizza il fenomeno in un contesto storico e culturale molto cambiato rispetto al secolo scorso, quando ad emigrare erano i bellunesi verso la Svizzera. “Soluzioni? Io non credo che ne siano, ma è fondamentale che passi un messaggio – dichiara -: che in Italia non è così semplice sbarcare. I nostri rappresentanti a Roma devono dare questo segnale, altrimenti rischiamo di venire travolti da un’ondata che non riusciremo a gestire. Si parla di 25 mila persone che sbarcano ogni dieci giorni sulle coste italiane, come facciamo a reggere questi flussi?”.
A preoccupare De Bernardin sono i numeri, le proiezioni parlano di 700 milioni di persone in movimento nel 2030 con un progressivo aumento che porterà il flusso oltre un miliardo. Le mete restano i continenti e i Paesi ricchi, Nord America ed Europa. Il rischio, spiega il rappresentante provinciale della Lega in provincia, è il collasso del sistema.
“Alcuni miei colleghi sindaci nei giorni scorsi hanno rilasciato dichiarazioni che non mi vedono affatto d’accordo, parlando della possibilità di risolvere o quanto meno tamponare la perdita di popolazione bellunese con l’integrazione di un numero di immigrati pari ai cittadini che lasciano il nostro territorio – commenta -: la trovo un’ipotesi fantasiosa, campata in aria, francamente, e non perché io non creda a priori al concetto di integrazione, ma perché mi sento di ragionare in modo pragmatico e con i piedi saldi a terra”. Occorre fare un distinguo, spiega il segretario, tra l’accoglienza di popoli culturalmente vicini e facilmente integrabili con quella di popolazioni più distanti per usi costumi e cultura, all’Europa.
“Penso ai cittadini ucraini, a 98% di religione cristiana e che hanno dimostrato in questi mesi di voler trovare un lavoro qui per rendersi indipendenti dal sistema pubblico di aiuti e costruirsi una vita – aggiunge -; purtroppo sappiamo che non è così per tutte le popolazioni e che il nostro sistema italiano ha un po’ abituato alla sussidiarietà non favorendo, in questo modo, la vera integrazione. Non paragoniamo, mi si faccia un piacere, questa emigrazione a quella dei nostri bellunesi verso la Svizzera e l’America nel secolo scorso e ancora prima: allora si emigrava per lavorare duramente, mandare più soldi possibile a casa e poi fare rientro dalla famiglia non appena le condizioni economiche lo consentivano. Oggi si scappa a causa dei terribili cambiamenti climatici che rendono invivibili certe zone della Terra e a causa dei conflitti: io non credo che queste persone vogliano fare ritorno facilmente nel loro Paese e non sono nemmeno così certo che considerino l’Italia come territorio di passaggio per insediarsi, poi, in Inghilterra, Germania e nei Paesi Scandinavi come dicono molti”.
“Alla luce di queste considerazioni, realistiche, io invito tutti a guardare al fenomeno che abbiamo davanti in modo oggettivo – conclude De Bernardin: piacerebbe a tutti pensare di risolvere il problema dello spopolamento delle nostre terre alte con l’arrivo di famiglie straniere che qui iniziano progetti di vita, magari prendendo in mano aziende agricole e assicurando continuità in tutti quei lavori dove oggi fatichiamo a trovare personale. Io sarei il primo a gioire di questo e a favorire gli arrivi, se così fosse. Ma non è così e ce lo dice la realtà dei fatti: c’è sempre meno interesse verso gli impieghi sicuri e a tempo indeterminato a favore di lavori saltuari. Io chiedo, siamo certi che questo problema potrà essere risolto accogliendo chi arriva nel nostro Paese? Io, personalmente, non credo”