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L’allungamento delle concessioni è l’ennesimo favore ai produttori d’energia * Coordinamento dei Comitati del Grande Idroelettrico dell’Arco Alpino e Appennini

Centrale idroelettrica “Achille Gaggia” – Soverzene (Belluno)

No alla proroga camuffata delle concessioni idroelettriche
Sì ai bandi di gara con criteri che siano vicini ai territori montani

In questi giorni si sta giocando una partita molto importante che riguarda il rinnovo delle concessioni idroelettriche.
L’aspetto economico e finanziario è notevole in quanto la produzione d’energia idroelettrica in Italia si aggira a circa 48 teravattor (TWh).
In ballo ci sono interessi consolidati, lobby, azioni parlamentari che vorrebbero garantire agli attuali produttori d’energia idroelettrica concessioni “perpetue” per favorire i loro ingenti guadagni attraverso la proroga delle concessioni scadute o in scadenza.
Una visione miope della libertà del mercato e della concorrenza tra le imprese idroelettriche.
Per farlo si scomoda addirittura il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (COPASIR) paventando rischi per il controllo di asset strategici per la sicurezza del sistema energetico e per l’autonomia energetica nazionale.

Il parlamentare Zucconi Riccardo, del Gruppo Fratelli d’Italia attraverso l’ordine del giorno n.9/0090 8/018 del 01.03.2023, accolto come raccomandazione, impegna il governo: “in considerazione del ruolo strategico dell’idroelettrico per il settore energetico, a riconoscere ai concessionari di grandi derivazioni idroelettriche, anche nel caso in cui la concessione sia scaduta, il diritto ad una rideterminazione in aumento della durata delle concessioni per un numero di anni proporzionato all’entità degli investimenti previsti…..”.

In sintesi una garanzia di lauti guadagni, senza nessun principio di concorrenza nel mercato idroelettrico bloccando, a chiunque, la possibilità di competere con progetti industriali innovativi, che potrebbero prevedere modelli di compartecipazione pubblica e una maggiore attenzione all’ambiente e alle comunità locali dove sono presenti gli impianti idroelettrici.
La percezione è che le lobby che guidano la macchina della conservazione dello status quo e dei “privilegi” si sia messa in campo con tutta la sua forza politica e mediatica.
Una strategia consolidata, infatti, negli ultimi quarant’anni si sono già succeduti ben dodici provvedimenti di proroga delle concessioni.
Proroghe che per alcuni impianti sono arrivate a oltre i cinquant’anni d’esercizio.
Il mantra e la scusa è sempre la stessa, con l’avvicinarsi delle scadenze, anziché bandire le gare pubbliche,si utilizza l’impegno di rinnovare gli impianti per motivare la proroga.
Ma se dopo dodici proroghe delle concessioni idroelettriche, viene ancora utilizzata la scusa, o meglio lo scambio investimenti-concessioni, forse le precedenti proroghe non hanno portato al risultato sperato nel rinnovo degli impianti.
Lo scambio di 10-15 miliardi di investimenti garantirebbe gli attuali produttori di evitare la sfida delle gare pubbliche che potrebbero portare nuovi competitori e, nell’interesse pubblico, anche maggiori risorse.
Il rinnovo degli impianti che, doveva essere già stato effettuato dalle varie società concessionarie, non è l’unica cosa determinante.

Il rinnovo delle gare deve rappresentare un’occasione per ridefinire le concessioni applicando le più recenti norme ambientali e paesaggistiche, definendo le misure di compensazione a favore delle comunità ove la pervasività degli impianti ha profondamente mutato il territorio, individuando interventi di miglioramento della sicurezza e procedendo finalmente al recupero della capacità d’invaso, determinante con l’acuirsi della crisi climatica.
Tutti questi obiettivi sarebbero vanificati dalle proroghe in capo a quei soggetti che finora hanno marginalmente rappresentato, rispetto ai grandi guadagni, le esigenze della comunità e dei territori.
Molte sono le argomentazioni di chi vuole evitare le gare, come lo le paure espresse dal COPASIR rispetto ad asset strategici o lo spauracchio dell’arrivo di operatori stranieri.
In un mercato globale dell’energia, fare leva sulle paure dello “straniero” e strumentale e miope.

I dati dimostrano che rispetto alle 74 concessioni in scadenza la realtà è questa:
18 sono di una società controllata dallo stato francese ed altre due sono partecipate dalla stessa al 49%;
13 sono di una società per il 40% partecipata da un fondo australiano;
3 fanno capo a una società controllata da un gruppo industriale tedesco;
4 concessioni appartengono a società totalmente italiane!

Non a caso dalle dichiarazioni riportate dal Sole 24 ORE, del presidente di IREN e vice-presidente di Utilitalia Luca Dal Fabbro, emerge una visone di un «Piano Marshall per l’acqua e l’energia idroelettrica» nel quale possano trovare un ruolo anche fondi internazionali per i quali «L’interesse a investire come partner di minoranza è altissimo… il settore idroelettrico è di quelli di maggior interesse».

Siamo di fronte a “multi utility”, che da anni sono ormai delle vere e proprie imprese nel mercato globale dell’energia che hanno perso il legame con il territorio, in particolare quello montano, che sopporta la presenza degli impianti.
La logica è quella del massimo profitto con l’ingresso nel settore idroelettrico di fondi speculativi che finanzino gli investimenti.

Come Comitati pensiamo e proponiamo da tempo modelli alternativi alle speculazioni finanziarie.
Riteniamo che attraverso le gare per il rinnovo delle concessioni si debba passare a un modello completamente diverso, che vede finalmente la partecipazione degli enti locali, quindi delle comunità, alle concessioni.

Per questo chiediamo, come previsto dalla legge vigente, che le gare si svolgano al più presto secondo il modello pubblico-privato, dapprima affidando delle concessioni a società totalmente pubbliche – che devono essere rappresentative dei territori interessati, tramite provincie e comuni – e poi mettendo a gara la scelta di un partner privato minoritario, che sarà responsabile della gestione degli impianti e dell’energia prodotta.

Questa è la soluzione che, meglio di ogni altra, rispecchia l’obiettivo di avvicinare la produzione di energia alle comunità locali e alle comunità energetiche.
È inaccettabile che l’interesse di pochi grandi operatori passi, per l’ennesima volta, sopra la testa delle comunità locali.

I nostri Comitati si attiveranno da subito per presentare ai ministeri interessati le richieste dei territori, dando vita ad una campagna informativa della popolazione.
Il Coordinamento dei Comitati del Grande idroelettrico dell’Arco Alpino e Appennini e i singoli comitati che in esso si riconoscono, ribadiscono la loro ferma e motivata contrarietà a ogni ipotesi di proroga-rideterminazione delle concessioni.

Coordinamento dei Comitati del Grande idroelettrico dell’arco Alpino e Appennini

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