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venerdì, Marzo 24, 2023
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Nessuna fuga di massa: il Bellunese si spopola, ma i dati Aire hanno un’altra origine

Roberto Padrin, presidente della Provincia

Padrin: «Comuni sotto pressione, rivedere la norma per la cittadinanza iure sanguinis»

«I dati dicono tanto, ma vanno letti in maniera corretta. Altrimenti rischiamo di creare una narrativa sbagliata del territorio bellunese. E diventa difficile mettere in campo politiche corrette per contrastare lo spopolamento. Che esiste, è un problema. Ma non come lo definisce superficialmente una mera lista di numeri sugli Aire (Anagrafe italiana residenti all’estero)».

Lo dice il presidente della Provincia di Belluno Roberto Padrin, all’indomani della pubblicazione sulla stampa dei dati Aire, che parlano di oltre 16mila iscritti bellunesi Under 30.

«Un dato che non significa grande fuga o tracollo demografico. Si tratta di nipoti e bisnipoti, di discendenti di quei bellunesi protagonisti dell’epopea dell’ emigrazione di fine Ottocento e inizio Novecento, dettata dalla fame e da una situazione economica, sociale e storica completamente diversa da quella odierna» sottolinea il presidente Padrin.

«Un dato che a una lettura superficiale rischia di mostrare un quadro non corretto della nostra provincia, che soffre sì dello spopolamento, ma per una serie di concause che hanno origini diverse».

L’Istat certifica che il Bellunese ha cominciato a registrare un saldo naturale (nati meno morti) negativo già da diversi anni. E il calo delle nascite ha accelerato il trend a partire dalla fine degli anni Novanta. «Questo è il perimetro d’analisi all’interno del quale costruire insieme politiche antispopolamento. A partire dalla difesa dei servizi in montagna» continua il presidente Padrin.

«Se pensiamo, sbagliando, che i 16mila Aire Under 30 siano un fenomeno di fuga dal Bellunese, rischiamo di non inquadrare il vero problema. La maggior parte di quei giovani non è mai stata a Belluno, non sa cosa siano le Dolomiti e non parla neanche italiano, avendo perso il contatto con la terra d’origine dei nonni diversi decenni fa. Si tratta perlopiù di persone residenti in Sudamerica, che guardano all’Europa non solo per mantenere vivo il legame con la tradizione dei loro avi, ma anche per trovare occasioni di lavoro. La norma Aire consente loro di avere la cittadinanza italiana ed è comprensibile la volontà di queste persone di mantenere legami con l’Italia. D’altra parte però mette spesso in difficoltà i Comuni, soprattutto quelli più piccoli, non solo per questioni numeriche di quorum in occasione degli appuntamenti elettorali, ma anche per la quantità di richieste di procedure che mal si conciliano con le poche forze a disposizione degli enti locali. Il sistema di riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis andrebbe ripensato e rivisto, e comunque dovrebbe garantire a quei Comuni che hanno maggiori richieste anche trasferimenti statali adeguati per gestirle. L’obiettivo è farlo diventare uno strumento con cui i bellunesi residenti all’estero possano tornare per lavorare e aiutarci a far crescere la nostra provincia, come già sta facendo l’associazione Bellunesi nel mondo con lo sportello online del rientro, avviato insieme al Fondo Welfare per agevolare il rientro dei giovani e l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Un progetto innovativo e che può avere grandi ricadute».

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