La legittima richiesta, per la Regione del Veneto, di forme e condizioni particolari di autonomia ai sensi dell’art. 116, comma 3, della Costituzione si scontra con alcuni nodi problematici non secondari.
In primo luogo, trovo arduo sostenere che al Veneto saranno attribuite 23 materie. Queste, infatti, sono etichette, scatole vuote, riempite più che dal legislatore dalla Corte costituzionale soprattutto dopo la riforma del Titolo V nel 2001. All’interno delle materie vi sono molteplici interessi alcuni dei quali non suscettibili di disciplina differente tra le varie Regioni. Attraverso i criteri della prevalenza, della chiamata in sussidiarietà molti aspetti necessitano una normazione uniforme a livello statale.
In secondo luogo, il nodo della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e politici non solo (a differenza del settore sanitario) non sono stati definiti, ma manca pure una definizione di “essenzialità”. Si tratta di una questione sia giuridica, sia politica che difficilmente potrà accontentare le Regioni del sud. L’art. 116, comma 3, si rivela inadatto per una maggiore autonomia e, anche in ipotesi di conclusione del procedimento, porterà a frammenti di competenze.
Bisogna, invece, incidere in maniera radicale sulla distribuzione del potere tra centro e periferia, del caso superando il modello regionalistico e ponendo le basi per uno federale.